Finora non mi colpisce questo libro di un fotografo e - almeno per ora -
non farà parte delle mie letture.
L’«Agrigento intima», il nuovo libro fotografico (nuovo al quattordici di aprile di questo 2023)
dedicato alla città dei templi, del fotografo Angelo Pitrone, mi spinge a farmi domande sulla mia Agrigento intima.
Qual è la mia Agrigento intima?
Quella che amo di più?
Anche Punta Bianca.
E poi una riflessione sul gironzolare - ed io gironzolo molto ad Agrigento (mentre pochi minuti fa ho visto un bacio omo molto appassionato
fra un giovane ed un anziano in «Rocco Schiavone 4»): «A chi trova il tempo di gironzolare, di salire, cercare, guardare, ascoltare, annusare, a chi accetta di perdersi nel dedalo di stradine o nell’intreccio delle vie che circondano la città in un incomprensibile laccio, apparirà la città visibile alla quale Angelo Pitrone restituisce i suoi quarti di nobiltà».
Salire?
Oggi il salire per me era Palma di Montechiaro accanto alla chiesa madre.
Che scalata!
E queste frasi e considerazioni «A chi trova il tempo di gironzolare» sono di Edith de la Héronnière, filosofa e scrittrice francese ormai da molti anni legata affettivamente alla città dei templi,
e lei «racconta» nel suo «Retour ad Agrigento», testo inserito nel libro, il viaggio intimo del fotografo Angelo Pitrone
nella Girgenti dei suoi ricordi.
E tramite il tag Racconti potete leggere moltissimo altro.
Inoltre, quali i miei ricordi legati a Girgenti?
Beh, ci vivo.
Istintivamente penso al Museo civico Santo Spirito.
E sappiate anche che si intitola «Agrigento intima» il volume, edito dalla casa editrice Medinova,
di Antonio Liotta, e questo volume
è stato presentato in anteprima oggi, venerdì quattordici di aprile al Museo archeologico regionale siciliano Pietro Griffo della mia carissima Agrigento.
«Agrigento è la città dove sono nato e dove vivo – aveva affermato Angelo Pitrone.
Anche io sono nato e vivo ad Agrigento.
E Pitrone continua: – Continuo a fotografarla da quando mi regalarono una Agfa Instamatic per la promozione, dopo la quinta elementare.
Forse conosco questa Agfa Instamatic.
Ho visto, infatti, le immagini sulla pagina omonima di Ecosia e, forse, non mi è nuova.
Ma torniamo alle parole di Pitrone sul fotografare: «Fotografare per me è stato un modo di essere, un modo di riconoscere le cose, gli uomini, la città».
Per me, invece, forse, fotografare non è stato un modo di essere anche se il fotografare
fa parte della mia vita e - chissà - magari sono e vivo anche perché fotografo.
Anche.
Pitrone: «Spesso ho percorso le strade, i vicoli, la campagna, dentro e attorno Agrigento, cercando di coglierne le forme, le ombre, i colori, gli odori».
Anche io ho percorso le strade di/dentro Agrigento e dentro/attorno Agrigento mi fa pensare alla galleria
fra Agrigento e Porto Empedocle (Ag- provincia di Agrigento).
Ma continuiamo ed andiamo avanti con le parole di Pitrone
che fa riferimento alla luce tra Africa e
Mediterraneo,
ma anche ad una verità sull'incontro: Agrigento continua ad essere una terra di incontri e di conoscenza, tra le difficoltà del quotidiano e la promessa di un futuro.
Al centro - quasi ovviamente - le immagini, ma anche la memoria ed il computer anche giorno dopo giorno: Le immagini si sono affastellate nella mia memoria e nel mio computer, giorno dopo giorno, anno dopo anno.
Fino ad arrivare alla summa, al punto più alto, e ad una testimonianza di un progetto e gli sviluppi: Oggi questa summa ne è la testimonianza tangibile di un progetto mai dichiarato, che si è sviluppato malgrado tutto, in un volume senza una premeditazione, ma con l’urgenza di vivere una nuova vita.
C'è anche una dimensione temporale: Ho ripreso Agrigento di giorno, di sera – continua Pitrone – nei suoi aspetti più noti e negli angoli più nascosti, inseguendo una certa idea della luce.
Quali gli angoli più nascosti?
E quale la certa idea della luce?
Il colore sarebbe
il protagonista.
Sì, ma... quali colori?
A Pitrone piacciono la sua saturazione e il suo contrasto.
E chissà cosa intende con «la sua irrealtà».
E poi aspetti tecnici - anche con il bianco e nero: «E pensare che ho cominciato in camera oscura sviluppando e stampando il bianco e nero di antica memoria…».
Ha spiegato dal canto suo l’editore Antonio Liotta, che oggi sarebbe stato presente, assieme a Beniamino Biondi,
alla presentazione del volume: “Avere consegnato questa pubblicazione alla libera visione di ogni comune cittadino, ritengo che sia stata una importante operazione culturale.
Buona libertà dunque.
E le fotografie di Angelo Pitrone racconterebbero
il mito della Sicilia e della città di Akràgas, Agrigentum, Girgenti, Agrigento che qui si presenta
nelle sue nudità con le sue parti più intime scoperte, con i suoi vizi secolari.
Buona arte fotografica, dunque, ad Angelo Pitrone con questa «intima nudità» e con la memoria del «luogo» senza memoria.
Ottimo che siamo - saremmo - nel dominio della pietra arenaria con il suo colore caldo che diventa calore (speriamolo), con la sua luce riflessa
che si tramuterebbe in ombre, ombre rarefatte.
La città vivrebbe nei particolari che solo la sensibilità del fotografo-artista riesce a tirare fuori, a documentare, a scoprire per farci vivere la dimensione della sua grandezza - speriamolo -
fuori dagli stereotipi documentaristici, dei documentario, e, peggio ancora, cartolinistici, delle cartoline.
«Agrigento intima» sarebbe un’opera visuale, tattile, poetica che - forse - modificherebbe i canoni della fotografia.
Oltre ad Edith de la Héronnière, «Agrigento intima» contiene testi dello scrittore agrigentino Matteo Collura e dell’attore
e fotografo Gianfranco Jannuzzo.
I testi didascalici sono, invece, di Beniamino Biondi.
In copertina una foto che lo stesso Pitrone
avrebbe scattato in notturna sul muro
in via Garibaldi.
E questo libro di Pitrone davvero «un suo delicatissimo atto d'amore
per la città che gli ha dato i natali» (Gianfranco Jannuzzo)?
E ci sarebbe qualcosa in più.
Forse uno sguardo inconsueto, singolare, diverso,
un punto di vista altro: a quanto pare orgoglioso ma consapevole, innamorato ma non cieco.
Intimo.
Non ci sono figure umane, volti, persone ma sono ben presenti i luoghi che quelle persone abitano, in cui quelle persone vivono e agiscono quotidianamente.
E questo farebbe la differenza!
È come se l’autore ci suggerisse cosa osservare, dove posare lo sguardo.
Circondati come siamo da tanta bellezza ci «rimprovera» garbatamente di non farci quasi più caso….
È la caratteristica che più affascina Jannuzzo nei grandi fotografi come Angelo.
Vedono ciò che noi guardiamo soltanto!».
A Jannuzzo fa seguito Matteo Collura - anche sulle manifestazioni, sulle manifestazioni culturali: «Non c’è una volta che io mi trovi in Sicilia, e specialmente nel territorio agrigentino, per partecipare a qualche manifestazione culturale, in cui non mi capiti d’incontrare Angelo Pitrone, macchina fotografica appesa al collo».
Le manifestazioni culturali sono anche gli spettacoli ed i convegni,
le inaugurazioni delle mostre,
le processioni: Lui c’è sempre quando si presenta un libro, si rappresenta uno spettacolo, nei convegni, nelle inaugurazioni delle mostre, nelle conferenze, nelle processioni.
Per questo possiede un archivio fotografico sterminato, nel quale lui stesso, a volte, stenta a orientarsi.
E quanti personaggi e personalità e persone.
C’è sempre, Angelo, con quel suo sguardo indagatore, con quel suo muoversi a scatti nervosi nonostante la mole.
C’è sempre, Angelo, per questo quando meno te lo aspetti tira fuori immagini che sembrano provenire da un passato immemore.
La foto che ritrae Leonardo Sciascia mentre sta bevendo
un caffè in compagnia di Collura.
Il quale non riesce a ricostruire dove Pitrone abbia fatto quello scatto fotografico, io una quarantina di anni in meno.
Lui c’era in quell’occasione, «e ora posso disporre di quella foto».
Ci sarebbe sempre, Angelo.
E troverebbe sempre il modo di ritrarre certi angoli di Agrigento (per restringere il discorso alla nostra città) che mai avresti immaginato esistessero ancora o che esistessero, semplicemente.
La sua attenzione per la pietra agrigentina, per il tufo.
Sa fare parlare l’arenaria agrigentina, Angelo Pitrone, non a caso sarebbe amico di Gianni Provenzano,
il pittore che più di ogni altro avrebbe la pietra agrigentina come modello preferito.
Riferimento di Collura alla pittura ed Angelo, nel fotografare,
userebbe volentieri anche il colore, contrariamente a quanto accade ad altri fotografi.
E Collura crede lo faccia perché sente di essere anche un po’ pittore.
C’è sempre, Angelo, a dimostrare quanto la fotografia sia non soltanto documento, ma una forma di espressione artistica tra le più efficaci e godibili».
su Spotify for Podcasters (link al profilo),
Grazie a Lorenzo Rosso su una pagina Cultura del sito d'informazione AgrigentoOggi.
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