circa della seconda metà del IV secolo a. C.,
del quarto secolo a.C., avanti Cristo, più o meno.
Un'anfora per il vino dolce,
ugualmente dall'antichità,
un'imitazione delle anfore di Marsiglia,
delle anfore marsigliesi,
dell'antica Massalia,
risalemte o alla seconda metà del VI secolo oppure al V secolo a. C. e, dunque,
in un anno compreso fra la seconda metà del sesto secolo aC ed il quinto secolo avanti Cristo.
Curioso di conoscere alla caserma Biagio Pistone questi manufatti in terracotta e frammenti ricomposti di un sarcofago.
E le anfore per secoli nel mare di Agrigento - e chissà quando erano state trovate e scoperte e riportate in superficie - fra cui l'anfora marsigliese.
Dovrei imparare sulla storia economica dell’antica Agrigento - molto culinaria, sembra -
e sugli scambi mercantili lungo le rotte che, fin dall’età preistorica, le imbarcazioni avevano solcato nel mio Mare Mediterraneo.
E ci saranno oggetti di vita quotidiana:
dal mortaio, di cui ho già scritto,
che serviva per pestare ingredienti di varia natura,
ai cosiddetti dolii,
il termine tecnico del mondo antico,
che nelle cantine e nei magazzini di case e palazzi contenevano le derrate alimentari,
sia liquide (olio e vino)
che secche (i legumi,
i cereali).
E poi un altro termine tecnico antico,
una hydria prodotta localmente e legata al mondo dell’acqua:
il suo nome deriva dalla parola greca iùdor, che significa acqua ed è caratterizzata dalla presenza di una terza ansa,
rispetto alle due che solitamente avevano i vasi,
usata proprio per facilitare il versamento del prezioso liquido.
La maggior parte dei reperti archeologici, invece,
è legata al mondo del commercio:
sono le anfore - di cui ho già scritto -
che provengono da diverse zone e che quindi attestano i commerci che Agrigento intratteneva con i paesi mediterranei (ottimo per la mia città nel passato),
dall’Oriente (Siria, Cipro, Turchia)
al Portogallo.
Oggi ed ora non più, credo.
Gli ultimi reperti esposti sono una base di louterion,
un bacile su alto piede che veniva usato per abluzioni nei santuari o semplicemente per l’igiene negli ambienti privati,
oltre ai frammenti di un sarcofago in terracotta,
pazientemente riassemblati e parzialmente integrati con un’opera di restauro che non manca di sottolineare didatticamente (nei pannelli espositivi che accompagnano la mostra di reperti archeologici mai esposti)
le antiche tecniche utilizzate per la sua lavorazione.
Curioso di saperne di più, dunque.
E delle persone con i nomi che seguono ne conoscono pochissimi - e non sono conoscenze approfondite:
Il coordinamento scientifico-espositivo e ai testi è di Donatella Mangione.
I restauri ed i testi di Marilanda Rizzo Pinna.
La progettazione grafica ed espositiva di Rosario Callea e Marco Curmona.
L'allestimento ed i trasporti di Giuseppe Camilleri.
Le traduzioni di Rita Bernini, Patrizia Fadda ed Antonino Mangione.
La collaborazione tecnica di Salvatore lacono e Calogero Rizzo.
Le opere esposte provengono dai sequestri del Comando provinciale di Agrigento e consegnate alla Soprintendenza ai beni culturali di Agrigento ed al Museo archeologico Pietro Griffo,
dove sono custodite,
al Museo archeologico regionale siciliano Pietro Griffo - Marag -
nella Valle dei templi.
Gran parte dei reperti esposti è stata sempre conservata nei magazzini del museo Griffo e, dunque, viene presentata al pubblico per la prima volta.
Per questo motivo questa mostra di reperti archeologici mi incuriosisce moltissimo.
E bune giornate anche alla villetta Rosetta Romano,
ed ottimo lavoro ai carabinieri del Comando provinciale di Agrigento,
al sindaco di Agrigento, Franco Miccichè,
ed al comandante provinciale dell’Arma, colonnello Vittorio Stingo.
Villetta di fronte alla caserma Biagio Pistone.
E volete visitare insieme al mio blog il Museo archeologico regionale siciliano Pietro Griffo di Agrigento?
Potete scrivermelo - e seguirmi non soltanto sulle reti sociali,
ma anche qui su Blogger/Blogspot -
potete scrivermelo su CMViaggi su Twitter (pagina qua e primo video),
su Pinterest (il mio profilo con foto e video),
su You Tube (videoprofilo e terzo filmato),
su Google Maps,
(se non cambio impostazione grafica).
Potremo visitare la mostra fino al ventiquattro di maggio del prossimo 2024 ed hanno collaborato Francesco Paolo Scarpinato,
l'assessore regionale ai Beni culturali ed identità siciliana;
ma anche Mario La Rocca,
il dirigente generale del Dipartimento regionale siciliano ai Beni culturali ed identità siciliana;
e poi Roberto Sciarratta,
il direttore del Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei templi di Agrigento;
ovviamente Giuseppe Avenia,
il responsabile del Museo archeologico Pietro Griffo di Agrigento.
La grafica è della Serigrafia mediterranea.
La documentazione fotografica dell'Archivio del Museo archeologico Pietro Griffo di Agrigento,
e di Eduardo Cicala,
di Salvatore lacono,
di Donatella Mangione,
di Calogero Rizzo,
di Marilanda Rizzo Pinna,
di Stefano Vinciguerra.
Grazie alla pagina «Cultura»
di Grandangolo.
E sulla frequenza degli 87.70 fm dalla Rupe Atenea di Agrigento ho ascoltato in auto successivamente
- ma non andando a piedi a questa esposizione di reperti archeologici -
«La canzone del sole»
di Lucio Battisti,
facendo attenzione al testo incalzante di Mogol,
di Giulio Rapetti,
con il celebre verso «O mare nero».
Mostra ed esposizione inaugurata questo sabato due di settembre del 2023.
Nessun commento:
Posta un commento