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sabato 9 settembre 2023

Sul molo di Porto Empedocle il quattro di gennaio del 1863 ed il dodici di luglio del 1864 nell'«Almanacco storico di CMViaggi» - E la Torre di Carlo V «castello», il mulo di un venditore di pomodori a Marinella negli anni Ottanta e la Valle dei templi di Marion Mulhall, ma anche Empedocle, Pindaro e Luigi Federico Menabrea

«Almanacco storico di CMViaggi» - E quando l'«Almanacco storico empedoclino di CMViaggi»?

 

 

 

E siete mai stati al Molo di Porto Empedocle (Ag - provincia di Agrigento),

 

 

 

la città a me molto «familiare»,

 

 

 

perché una mia parente strettissima era nata lì?

 

 

 

Ed alla Torre di Carlo V di Porto Empedocle,

 

 

 

accanto al molo?

 

 

 

al «piccolo molo di pietra, sorvegliato da un soldato italiano, all'ombra di un castello in rovina, da cui Carlo V si era imbarcato per la conquista di Tunisi, come riportato in un'iscrizione sopra la porta»,

 

 

 

come scriveva una certa Mulhall, 

 

 

 

probabilmente Marion Mulhall Mariano Galiazzi, 

 

 

 

sulla abbastanza nota rivista britannica «The Month»

 

 

 

nel maggio e nell'agosto del 1883?

 

 

 

Il «castello in rovina»,

 

 

 

non più molto in rovina,

 

 

 

è proprio la Torre di Carlo V empedoclina e non sapevo del riferimento a Tunisi. 




Oggi ci sono più stranieri a Porto Empedocle:




«Appena ci allontanammo dagli ufficiali della dogana, fummo circondati da un certo numero di siciliani, che sembravano stupiti che degli stranieri sbarcassero in un posto come Porto Empedocle, e ci seguirono mentre procedevamo verso un'osteria in cerca di muli

 

 

 

Ed oggi ci dovrebbero essere i carri ed i muli a Porto Empedocle:

 

 

 

«In meno di mezz'ora la maggior parte della popolazione stava discutendo dei nostri affari, molti di loro vennero a salutarci amichevolmente e apparentemente simpatizzavano con noi nella nostra angoscia, perché non si erano mai visti né carri né muli a Empedocle, e la strada per Girgenti era un ripido sentiero sassoso sopra una cintura di montagne, la distanza era poco più di tre miglia.»

 

 

 

Io stesso ho ricordo del mulo di un venditore anziano a Marinella,

 

 

 

a Porto Empedocle,

 

 

 

nella Marinella di Andrea Camilleri,

 

 

 

all'incirca negli anni Ottanta del secolo scorso,

 

 

 

del Novecento.

 

 

 

E non c'è più il noleggio degli asini per la mia Agrigento:




«C'era però abbondanza di asini, che entravano tutti in porto carichi di zolfo, e mio marito pensò che potremmo noleggiarne alcuni per portarci a Girgenti.»

 

 

 

C'è lo zolfo.

 

 

 

Ed avete visitato la Girgenti di Agrigento, 

 

 

 

il molo di Porto Empedocle e la Torre di Carlo V e la Valle dei templi

 

 

 

non soltanto del tempio della Concordia,

 

 

 

del tempio di Giove (che non c'è più),




del tempio di Esculapio (purtroppo ancora non accessibile e visitabile),




della tomba di Terone (chissà se visitabile soltanto dall'esterno),




del fu tempio di Giunone

 
 
 

in verità del tempio di Atena,

 

 

 

dei quali scrivo fra alcune righe?

 

 

 

Volete visitarli - compreso il porto di Porto Empedocle - con il mio blog CMTempoLibero?




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(se non cambio le impostazioni grafiche) 

 

 

 

- come CMViaggiAg.

 

 

 

Sembra non si vivesse sicuramente di turismo a quel tempo:

 

 

 

«In questo, tuttavia, siamo rimasti del tutto delusi, perché, sebbene abbiamo fatto offerte generose a più di una dozzina di conducenti di asini, tutti hanno rifiutato.»

 

 

 

Certamente non si vive di zolfo oggi:

 

 

 

«Alcuni dicevano che i loro asini erano troppo stanchi, avendo percorso alcune leghe con pesanti carichi di zolfo dalle miniere; altri sostenevano che il loro contratto con i caricatori di zolfo non avrebbe permesso loro di guadagnare in questo modo nemmeno una onza, un napoleone; e altri ci dissero che se avessimo aspettato fino al giorno dopo avrebbero potuto portarci, ma non prima.»

 

 

 

Il carro sembra essere un carretto siciliano con scene della «Gerusalemme liberata»

 

 

 

di Torquato Tasso,

 

 

 

con Tancredi:

 

 

 

«Il carro trainato da asini era dipinto con scene della Gerusalemme Liberata di Tasso; ogni pannello sui lati e sul retro mostrava alcuni passaggi in cui Tancredi squarciava i turchi o guidava i crociati alla vittoria.»

 

 

 

Quel che notano Marion Mulhall e compagni è «la grandiosità selvaggia dello scenario» della «città di Girgenti»:

 

 

 

«Quando siamo partiti da Empedocle [Porto Empedocle oggi], abbiamo potuto vedere sulla cima del crinale della montagna la città di Girgenti, la grandiosità selvaggia dello scenario che ci ha fatto dimenticare la faticosa marcia davanti a noi.»

 

 

 

Ed oggi non ci sono i briganti fra Agrigento e Porto Empedocle, come riferiva in quegli anni un giovane alpinista:

 

 

 

«il motivo per cui tanti guidatori di asini si erano rifiutati di venire con noi era che la strada era infestata da briganti, che di solito erano pastori, a meno che alcuni viaggiatori come noi non presentassero una tentazione troppo forte perché potessero resistere.»

 

 

 

Sembra che i notai di Agrigento, a quel tempo, si muovessero con il fucile a tracolla:

 

 

 

«uno di essi era notaio di Girgenti, col fucile a tracolla».

 

 

 

Segue il confronto con l'Inghilterra:

 

 

 

«La giornata era ormai calda come mezza estate in Inghilterra».

 

 

 

E chissà dove erano i vigneti dell'epoca, 

 

 

 

oggi a Montaperto e Giardina Gallotti ed anche 

 

 

 

nella Valle dei templi ed al villaggio La Loggia.

 

 

 

La giornalista scrive di Girgenti. 

 

 

 

«La campagna desolata era stata lasciata alle spalle e ora c'erano vigneti».

 

 

 

E chissà se qualche scrittore erede letterario di Luigi Pirandello ci racconterà mai, 

 

 

 

in un romanzo storico

 

 

 

la storia dell'omicidio del principe Genuardi:




«Solo sei mesi prima su questo ponte era stato fucilato uno dei capi briganti più famigerati di tutta la Sicilia per l'omicidio del principe Genuardi, ricco proprietario di Girgenti, che il brigante aveva invano tentato di catturare vivo proprio in questo luogo, con l'intento di trattenerlo per un riscatto.»

 

 

 

E sembra che Girgenti/Agrigento abbia avuto nella sua storia un rapporto non proprio buono con la «buona» architettura:




«Le case squallide, completamente prive di sistema, stile o metodo, avevano un'aria di povertà alleviata solo dallo sguardo allegro degli abitanti.»

 

 

 

Come viene descritta la Valle dei templi?

 

 

 

Con i «templi in rovina».

 

 

 

La giornalista Marion Mulhall fa riferimento al periodo storico prima di Annibale, condottiero e politico cartaginese, 

 

 

 

di Cartagine:

 

 

  

«Nessuno supporrebbe che la città sia così antica come in realtà è, perché era un luogo fiorente prima del tempo di Annibale.»

 

 

 

Ed alle guerre puniche:

 

 

 

«Soffrì molto durante le guerre puniche, presa e riconquistata da romani e cartaginesi, che a volte massacrarono i cittadini e fondarono invece le proprie colonie.»

 

 

 

La giornalista Marion Mulhall spiega anche il contesto storico:

 

 

 

«I Girgentiani [Girgentani], ovviamente, erano greci e si schieravano a turno con l'uno o l'altro degli stati rivali, ma sembravano più amichevoli con i Cartaginesi.»

 

 

 

Segue il resoconto su una frase notissima del filosofo Empedocle dell'antica Akragas

 

 

 

di Agrigento:

 

 

 

«Il filosofo Empedocle, originario del luogo, disse che i suoi concittadini “costruirono le loro case come se dovessero vivere per sempre, e banchettarono come se dovessero morire l’indomani”.»

 

 

 

Sappiate anche che c'è un errore, un erroretto, in quanto scrive Marion Mulhall in queste righe seguenti, 

 

 

 

dato che i templi non sono vicini alla riva del mare, 

 

 

 

bensì relativamente vicini al mare ed abbastanza lontani dalla riva del mare:

 

 

 

«I templi che sono la gloria di Girgenti sorgono a circa due miglia dalla città, vicino alla riva del mare, e la discesa era così ripida che preferimmo camminare per un certo tratto, seguendo la carrozza di Basilio, per vicoli intricati con alti muri, finché non arrivammo era quasi arrivato al livello della pianura.»

 

 

C'è un quadro di bellezza classica indimenticabile.

 

 

 

«Non appena ci fummo allontanati dalla città, i templi e la costa marittima irruppero su di noi in un quadro di bellezza classica che non potrà mai essere dimenticato.»

 

 

 

Citato il tempio della Concordia:

 

 

 

«Il Tempio della Concordia sembrava perfetto, come se dal suo portico si potesse aspettare l'uscita di un corteo di fedeli greci. L'illusione del paganesimo rianimato avrebbe potuto essere completa se non fosse stato per le colonne frantumate, i pilastri spezzati e altri resti dei templi circostanti.»

 

 

 

Marion Mulhall dà un suggerimento ai viaggiatori di oggi 

 

 

 

- e sappiate che il centro di Agrigento esiste su due colline più che su uno scoglio:

 

 

 

«La migliore visione dell'intero gruppo è dal basso, stando vicino al bordo del mare, con le spalle alla linea della costa, guardando in alto verso lo scoglio su cui è costruita Girgenti.»

 

 

 

E la signora e giornalista Marion Mulhall fa un confronto fra il tempio della Concordia ed il tempio del Partenone di Atene:

 

 

 

«A metà strada lo sguardo si posa sulla gloriosa sagoma del Tempio della Concordia, che assomiglia alle immagini che si vedono del Partenone.»

  

 

 

Un paesaggio di viti, 

 

 

 

di fichidindia,

 

 

 

di cactus e vi chiedo anche cosa ne pensate del cielo di colore blu che avete visto qui ed in questi anni nei miei video con le albe:

 

 

 

«Ciò che aggiunge bellezza alla scena sono il blu profondo del cielo siciliano, il rigoglio selvaggio di viti, fichi d'india e cactus che crescono intorno, e l'assoluta desolazione del luogo, perché non ci sono case, e si potrebbe dire, niente abitanti.»

 

 

 

Un altro confronto è fra il tempio di Giove ed il tempio di Diana ad Efeso,

 

 

 

in Anatolia,

 

 

 

in Turchia,

 

 

 

e della chiesa di St Paul a Londra,

 

 

 

città di sir Alexander Hardcastle:

 

 

  

«L'incompiuto Tempio di Giove non è più il capolavoro di mano pagana. Dopo il Tempio di Diana a Efeso non aveva rivali, poiché secondo il viaggiatore anglo-greco Stuart, l'altezza della navata era di diciotto piedi maggiore di quella di St Paul, a Londra, e la larghezza due piedi maggiore.»

 

 

 

E non sapevo che il tetto di questo tempio di Giove non fosse stato completato:

 

 

 

«Prima che il tetto fosse terminato, l'architetto e gli operai si ritirarono, i fedeli si allontanarono e il nome di Giove Olimpico passò nel regno della favola.»

 

 

 

Seguono informazioni da guida turistica alla Valle dei templi di Agrigento ed una citazione di Diodoro Siculo:

 

 

 

«L'edificio era lungo trecentosettanta piedi, con una facciata di centottantatre piedi, e i blocchi erano di tale grandezza che i viaggiatori moderni sono rimasti perplessi nel capire come alcuni di essi, del peso di venti tonnellate ciascuno, fossero sollevati ad un'altezza di settanta piedi. Tutto fu completato tranne il tetto, poiché Diodoro menziona anche una fila di atlanti, o statue maschili, alte venticinque piedi, che sostengono la trabeazione superiore. »

 

 

 

Ed un giorno vorrei girarvi un video e scattarvi foto con il tempio di Esculapio:

 

 

 

«Non abbiamo avuto difficoltà a raggiungere il Tempio in rovina di Esculapio, di cui rimangono solo tre pilastri, adiacente a un sito che nelle antiche mappe è indicato come uno stagno per i pesci, ma ora come un vigneto.»

  

 

 

E non ricordo che ci siano uno stagno per pesci o un vigneto lì.

 

 

 

La giornalista visita la tomba di Terone, 

 

 

 

fa un commento sui miei concittadini dell'epoca e mi auguro che si sia sbagliata così come non concordo con lei, 

 

 

 

almeno sugli agrigentini di oggi che non hanno dimenticato Falaride:

 

 

 

«Da questo punto si è proceduto alla tomba di Terone, che fu tiranno di Girgenti prima della prima guerra punica. Ci è sembrato quasi incredibile che questo cumulo di murature possa essere certificato come la tomba di un personaggio fiorito ventiquattro secoli fa, ma quando abbiamo visto nelle vicinanze i templi, che erano indiscutibilmente della stessa epoca, ci siamo sentiti poco disposti a essere scettico. Duemila anni fa la natura umana era la stessa di oggi, e qui tra i rozzi Girgentiani sopravvive ancora il grato ricordo di Terone, perché almeno possono indicarne la tomba, mentre hanno dimenticato il nome stesso di Falaride.

I due tiranni governarono nello stesso secolo, ma Terone era giusto, umano e generoso, mentre Falaride era un mostro di crudeltà, come ci ricordano la storia di aver arrostito un uomo in un toro di bronzo e altre imprese dello stesso tipo.
Mentre riposavamo presso la tomba di Terone, passarono due uomini a cavallo di asini, con le pistole legate alla schiena.»

 



Ed ho scoperto che il tempio di Giunone si chiamava così anche all'epoca della signora Mulhall,

 

 

 

da cui ho appreso che questo tempio è di ordine dorico,

 

 

 

come il tempio della Concordia,

 

 

 

ed entrambi erano più piccoli del tempio di Giove 

 

 

 

- con riferimento ad Omero ed al poeta Pindaro

 

 

 

di lingua greca:

 

 

 

«In ogni caso, sul far della sera, Basilio fece capire che prima saremmo tornati a Girgenti, meglio sarebbe stato, tanto più che lungo il percorso avremmo dovuto fare una sosta al Tempio di Giunone. Non l'abbiamo trovato così ben conservato come il Tempio della Concordia, al quale per il resto aveva una sorprendente somiglianza. Entrambi erano di ordine dorico, lunghi circa centoventi piedi e larghi cinquanta, e circondati da un colonnato, con sei pilastri davanti e tredici su ciascun lato. Questi templi erano piccoli rispetto a quello di Giove, ma testimonianze eloquenti del gusto altamente colto delle genti che li costruivano. Quello della Concordia potrà rimanere perfetto tra duemila anni come lo è oggi, portando ai remoti posteri il sigillo dell'arte greca allo stesso modo in cui le pagine di Omero perpetuano lo splendido genio di quel popolo. I Greci di Sicilia erano del tutto uguali ai cittadini di Atene o Lacedemone, e in un certo periodo Girgenti deve aver superato entrambe quelle repubbliche nel gusto e nella magnificenza, poiché Pindaro la chiama, Kallista brotcon poleon, "la più bella delle città mortali".»

 

 

 

Infine, la giornalista Mulhall fa riferimento all'assedio di Troia ed alle Olimpiadi, 

 

 

 

ai Giochi olimpici,

 

 

 

raccontando che aveva visto carretti siciliani, 

 

 

 

«carri trainati da asini, con pannelli dipinti dell'assedio di Troia o dei giochi olimpici».

 

 

 

Ma passiamo all'almanacco dei viaggi ed al molo di Porto Empedocle con Antonino Brucculeri che nota come «Menabrea, allora Ministro dei Lavori pubblici, venisse nella determinazione di far abbandonare il porto di Porto Empedocle per costruirne uno a Licata (notiamo di scorcio che con decreto del 4 gennaio 1863 la denominazione del Molo di Girgenti fu cambiata in quella di molo di Porto Empedocle)».

 

 

 

Antonino Brucculeri scriveva di Luigi Federico Menabrea, 

 

 

 

il ministro dei Lavori pubblici del Regno d'Italia.

 

 

  

Segue un'altra data.

 

 

 

il dodici di luglio del 1864: 

 

 

 

«con legge del 12 luglio 1864 fi decretata la costruzione di un nuovo braccio nella marina di Porto Empedocle».

 

 

 

 Grazie a «Microstorie di Girgenti»

 

 

 

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