Chissà cosa c'era in questo spettacolo teatrale,
sicuramente assolutamente niente «La scelta di Penelope»
per CMTeatro,
per CMLibri,
per CMEpica.
Di gran lunga lui preferisce dedicarsi presto chissà quando al testo atribuito ad Omero.
Il blog di Calogero Mira sul tempo libero (e i tempi liberi...), i viaggi, i libri, la cucina, la musica, i giochi e la salute. Lombardia, Piemonte e Sicilia. Le loro gastronomie. La letteratura siciliana ed italiana. Suoni siculi, europei e del mondo. I giochi da tavolo. #CMTempoLibero
Chissà cosa c'era in questo spettacolo teatrale,
sicuramente assolutamente niente «La scelta di Penelope»
per CMTeatro,
per CMLibri,
per CMEpica.
Di gran lunga lui preferisce dedicarsi presto chissà quando al testo atribuito ad Omero.
Dato che non sapevo cosa ci fosse in questo spettacolo teatrale,
come fosse,
niente «Quadri di Liolà»
con l'attore teatrale Mario Incudine per CMTeatro,
per CMLibri,
per CMRomanzi.
Meglio leggere presto i testi pirandelliani della commedia teatrale «Liolà»,
del capitolo del romanzo «Il fu Mattia Pascal»,
punto e «luogo»
di partenza e di ispirazione per la stesura.
Chissà quando in due video di CMTeatro,
di CMLibri,
di «CMLibri a teatro»,
di commento finale dell'attore Corrado Tedeschi e con gli applausi a proposito degli atti unici pirandelliani «All'uscita»
e «L'uomo dal fiore in bocca»,
di Luigi Pirandello,
filmati girati sere fa alla «Settimana pirandelliana»
a «Notturno pirandelliano»
L'«Orestea»
di Eschilo di Gela (Cl - provincia di Caltanissetta),
la trilogia delle tragedie teatrali «Agamennone»,
«Elettra»
ed «Eumenidi»,
che «CMLibri al teatro all'aperto»,
«CMLibri al teatro»
ha più o meno visto.
Buona lettura presto su questo blog sui libri,
sul teatro,
sull'antichità greca,
sugli archeoviaggi,
sulla cultura,
sul tempo libero.
Video sul mio videoblog su CMLibri su Pinterest.
Seguitemi
là
e qui,
sulle altre reti sociali,
condividete,
leggete
moltissimi altri testi
tramite i tag,
comunicate con me,
scrivetemi
se volete visitare
la Torre Carlo V dei reperti archeologici di Porto Empedocle (Ag - provincia di Agrigento),
persino la Valle dei templi,
soprattutto quando è gratis.
Gli atti unici pirandelliani «All'uscita»
e «L'uomo dal fiore in bocca»,
dunque di Luigi Pirandello,
per CMTeatro,
per CMLibri,
stasera
per la «Settimana pirandelliana»
in «Notturno pirandelliano»
con Corrado Tedeschi,
con Debora Caprioglio?
O,
forse,
leggerò
e trascriverò soltanto
le prime parole di queste opere teatrali?
Grazie a Malgrado tutto web;
ad Ecosia.
Montaggio di Eraldo Da Roma per il film «Questa è la vita».
Anche dalle novelle «Il ventaglino»
e «Marsina stretta»
dalle «Novelle per un anno»
di Luigi Pirandello.
E stasera per CMTeatro,
«La giara»
pirandelliana.
La commedia teatrale «Non è vero... ma ci credo»,
composta nel 1942,
di Eduardo De Filippo,
messa in scena il nove di ottobre del 1942,
rappresenterebbe
anche la gobba del personaggio teatrale Alberto Sammaria,
come ha letto .
Anche sulla gobba, Luigi Pirandello,
a proposito dell'avere bruciato alcune sue carte,
nella lettera a Lina da Palermo del 25 marzo 1887,
aveva scritto:
I becchi e le penne dei miei poveri uccellini dell’alto, fra tanta cenere, emanavano il più brutto odor di corno bruciato, e la gobba di Caro Gioja nel crepitio della fiamma pareva un vulcanetto di fango in eruzione.
CMLibri inizialmente non era riuscito a capire chi fosse Caro Gioja;
poi ha scoperto da un sito internet pirandelliano
che era un personaggio letterario di un poema eroicomico giovanile ispirato al titolo del romanzo di Émile Zola «La joie de vivre»
del 1884.
Dal Libro secondo, II,
del romanzo pirandelliano «Uno, nessuno e centomila»:
Non diedi mai a divedere né fastidio né piacere di quella loro invasione, benché m’irritasse specialmente la vista d’una vecchina sempre pigolante, dagli occhi risecchi e la gobba dietro ben segnata da un giubbino verde scolorito, e mi désse allo stomaco una lezzona grassa squarciata, con un’orrenda cioccia sempre fuori del busto e in grembo un bimbo sudicio dalla testa grossa schifosamente piena di croste di lattime tra la peluria rossiccia.
Povero piccolino in questo contesto con squallida verità reale e realistica,
non falsa!
Gli dareste una carezza,
come suggeriva decenni dopo un papa, papa Giovanni XXIII?
La gobba nella novella pirandelliana «Acqua e lì»,
pubblicata il venticinque di aprile del 1897 con il titolo «Il dottor cimitero»
(avevo visto mesi fa una rappresentazione pirandelliana di un cimitero),
poi ripubblicata definitivamente sul Corriere della sera con il titolo finale il quattordici settembre del 1923,
dalla raccolta «Tutt'e tre»,
del 1924,
di «Novelle per un anno»:
Accorre una povera squallida donna, senz’età, con certi occhi atroci, velati e semichiusi, come se le palpebre le pesino, una più e l’altra meno. Stretta nelle spalle, ha la gobba, dietro, ben segnata dal giubbino verde sbiadito: la gobba delle povere madri sfiancate dalle cure dei figli e della casa.
Poveretta anche questa «povera squallida donna»,
sembra un po' pietosamente orrida con quegli occhi atroci e velati,
stanchi anche sulle palpebre.
Torna il giubbino verde.
Clementina nella novella «I tre pensieri della sbiobbina»,
pubblicata il cinque di febbraio del 1905,
poi nuovamente nel 1915,
compresa nella raccolta pirandelliana «La rallegrata»,
del 1922:
Bravi! Farlo intendere alle gambe, adesso, al busto di Clementina, che non si doveva più crescere! Busto e gambe, dacché, nascendo, ci s’erano messi, avevano voluto crescere per forza, senza sentir ragione. Non potendo per lungo, sotto l’orribile violenza di quella manaccia che schiacciava, s’erano ostinati a crescere di traverso: sbieche, le gambe; il busto, aggobbito, davanti e dietro. Pur di crescere…
Con il busto,
poveretta Clementina.
Un mio amico ha il busto,
forse ne aveva uno temporaneo.
Da un'altra novella pirandelliana,
un'ulteriore novella,
«Difesa del Mèola (Tonache di Montelusa)»:
All'alba, una vettura era pronta nella piazzetta innanzi alla badia; e quando le tre educande, due belle e vivaci come rondinine in amore, l'altra gobba e asmatica, scesero con la loro maestra a parar l'altare della Madonna del Lume…
Sembra un contesto relativamente simile quello di «Visto che non piove (Tonache di Montelusa)»,
con i padri liguorini,
che dovrebbero esserci ancora alla chiesa dell'Itria,
nel centro storico di Agrigento;
con il clero montelusano,
con il clero agrigentino,
di Agrigento;
con i personaggi letterari di Marco Mèola,
del monsignor Partanna:
Se la nipote di Monsignor Partanna, infatti, la educanda rapita, era brutta e gobba, belli e ballanti e sonanti erano i denari della dote che il Vescovo era stato costretto a dargli; e, in fondo, i pezzi grossi del clero montelusano, ai quali non era mai andata a sangue quella promessa del loro Vescovo di far tornare i padri Liguorini, se non amici apertamente, avevano di nascosto, anche dopo quella scappata, anzi appunto per quella scappata, seguitato a veder di buon occhio Marco Mèola.
Le spalle del professor Bernardino Lamis nella novella «L'eresia catara»:
Non solamente questo peccatuccio di gola, ma tante e tant'altre cose potevano essere perdonate a quell'uomo che, per la scienza, s'era ridotto con quelle spalle aggobbate che pareva gli volessero scivolare e fossero tenute sú, penosamente, dal collo lungo, proteso come sotto un giogo.
La falda della tuba sulla gobba del dottor Liborio Nicastro nella novella "«In corpore vili»":
Poco dopo entrò il dottor Liborio Nicastro, piccino piccino, vecchissimo, tutto rattrappito dall'età. La falda della tuba gli posava quasi su la gobba.
La rassegnazione a portare la gobba dell'artista Nane Papa in «Candelora»:
Sa bene lui che ogni gobbo bisogna che si rassegni a portare la sua gobba.
C'è «codesta miserabile vecchia»
nella novella «I due giganti»,
dove il narratore sembrerebbe essere «il barbuto guardiano gallonato»:
Anche però il vostro volto, s'io vedo bene, è tutto crepe e solchi di rughe, e anche i vostri capelli hanno appena appena un vestigio del loro primo color biondo d'oro; e vorrei pregarvi di ricordare, se non sono importuno, che cosa vi sembrava codesta miserabile vecchia mezzo gobba che ancora vi strascinate accanto e tutto il mondo e la vostra stessa persona, quando vi ardevano dentro in belle fiammate illusioni, speranze e desiderii.
Infine la gobba di zì Dima Licasi in una novella pirandelliana famosissima
in italiano,
in siciliano,
«La giara»,
«'A giarra»:
Zì Dima Licasi: vecchio sbilenco, con la gobba pendente da un lato; giunture storpie alle gambe - occhi duri, fissi, da maniaco - porta, appesa per una funicella alla spalla, una cesta con gli attrezzi del suo mestiere, trapano, ecc., e - attraverso - un grosso ombrello di cotone, verde, un po' stinto.
«Il berretto a sonagli»
di Luigi Pirandello secondo Eduardo De Filippo,
secondo Paolo Stoppa,
secondo Turi Ferro e Salvo Randone.
Ed anni fa a Milano e Torino,
secondo Gianfranco Jannuzzo (Ciampa),
con Francesco Bellomo,
produttore teatrale,
e le attrici teatrali Emanuela Muni ed Anna Malvica,
«Il berretto a sonagli».
Uno degli attori teatrali era Gaetano Aronica (il personaggio letterario di Fifì).
Infine,
non ho visto l'opera teatrale «Non è vero... ma ci credo»
di Eduardo De Filippo ad un teatro di una città vicina alla mia,
su cui scrivo fra alcune righe,
davvero le finali.
E volete visitare la mia Agrigento pirandelliana?
Scrivetemelo su CMLibri su Facebook,
sulle altre reti sociali,
condividendo con tag ed etichette come #CMRomanzi #CMTeatro #CMNovelle #Novelle.
Grazie a Roberto Loi,
all'Università di Cagliari;
a Sara Lorenzetti (Università di Macerata,
al Dipartimento di Scienze della formazione, beni culturali e turismo);
al sito «Pirandello nazionale»;
a Liber liber;
a Fuoririga con Michele Ruvolo e Gero Tedesco;
alla scuola Nino Martoglio;
alla pagina «Copioni»
di Corriere spettacolo;
al sito internet pirandelliano PirandelloWeb;
alla pagina «Cultura»
di Grandangolo;
al «Portale Teatro»
di Wikipedia;
a Visit Agrigento;
al blog «Le rose e l'abisso»
di Francesca Vennarucci;
a Borsaindoitaliana.
Il Teatro Costabianca di Realmonte (Ag - provincia di Agrigento)
è quello di una città vicina alla mia Agrigento;
la rappresentazione stasera,
alle ventuno e trenta,
di questo martedì ventinove di luglio del 2025.
Non temete perché cercheremo di aiutarci il più possibile,
eccovi l'incipit,
i primi versi,
del poema epico - mitologico «Le metamorfosi»,
ultimato nell'8 d. C.,
nell'8 dopo Cristo,
poema di Publio Ovidio Nasone,
sia il testo origianle in latino
sia la traduzione in italiano:
In nova fert animus mutatas dicere formas
corpora; di, coeptis (nam vos mutastis et illas)
adspirate meis primaque ab origine mundi
ad mea perpetuum deducite tempora carmen!
Il mio intento è quello di raccontare i mutamenti di forme in corpi nuovi: dèi, dal momento che anche questa è opera vostra, favorite la mia impresa e tessete un carme continuo dall’origine dell’universo fino a tempi recenti.
Oppure:
A narrare il mutare delle forme in corpi nuovi
mi spinge l'estro. O dei, se vostre sono queste metamorfosi,
ispirate il mio disegno, così che il canto dalle origini
del mondo si snodi ininterrotto sino ai miei giorni.
Il poeta si chiede se le metamorfosi siano divine,
degli dei.
Definisce la sua opera un disegno,
CMLibri la potrebbe interpretare come disegno poetico.
Ancora dal «Libro primo»
del poema «Le metamorfosi»
ovidiano:
Ne ’l mare havea col suo perpetuo grido
Fatto intorno à la terra il vario lido.
Ma quel, che ha cura di tutte le cose,
La Natura migliore, e ’l vero Dio
Tutti quei corpi al suo luogo dispose
Secondo il proprio lor primo desio.
L’ultima parte, che resta, è de l’onda,
Che d’intorno il terren bagna, e circonda.
Uno spettacolo teatrale,
«Ovidio il poeta relegato. Metamorfosi dell’esilio»
di Luigi Raimo,
ben due volte nella mia Agrigento,
al Teatro Panoramica dei templi al Parco dei Templi ed al Teatro dell'Efebo al Giardino botanico,
entrambe le volte con Ugo Pagliai.
Buon lavoro a Daniele Salvo,
a Tommaso Garrè.
Grazie alla pagina «Teatro»
di AgrigentoOggi;
a WikiSource in latino;
a Wikipedia in italiano;
ad Isabella Fantin su SoloLibri.
La tragedia «Prometeo incatenato»
di Eschilo aveva una scena teatrale tra cielo e mare,
scena irraggiungibile dagli umani.
I primi personaggi ad entrare sono Potere e Forza,
che conducono Prometeo.
Quindi entra Efesto,
con le catene ed il maglio.
Il maglio sarebbe un martello di grandi dimensioni.
Le prime parole sono di Potere:
Ecco l'estrema plaga della terra,
la Scizia solitaria, inaccessibile.
La Scizia era il territorio degli Sciti.
Questa tragedia greca antica era stata interpretata anche da Leo Muscato nella traduzione di Roberto Vecchioni.
E poi un'altra tragedia teatrale,
la «Medea»
di Euripide secondo Federico Tiezzi con traduzione di Massimo Fusillo.
E la commedia teatrale «La pace»
di Aristofane per la regia teatrale di Daniele Salvo.
Erano queste le rappresentazioni classiche del 2023 al Teatro greco di Siracusa.
Non ero andato,
speravo di andare,
ma non era stato così.
Altro sulle catene,
invece,
nelle prossime righe.
Mi auguro, infatti, che la scelta anni fa di pentirsi, abbia portato inquieta serenità e tranquillità al Giovanni Brusca rinnovato,
con l'accento posto sulla serenità e tranquillità.
Vorrei che gli succeda ed accada un percorso di redenzione senza traumi,
con una forza fragile che è forte nella legge.
Faccia ancora i conti con il sé stesso migliore e più fiducioso facendo moltissima attenzione e proteggendo moltissimo.
Spero che i familiari delle vittime abbiano accettato o accetteranno le sue scuse e la sua richiesta di perdono,
se ci riusciranno,
se riusciranno ad averne il coraggio.
Chissà se lui,
sua moglie,
suo figlio,
abbiano piante e fiori a casa.
Che il dolore ed il dispiacere diventino speranza per un futuro differente da vivere bene e benissimo profondamente.
Se possibile,
se non è troppo rischioso,
dando più di un minimo di spiegazione ai tanti che cercano verità e giustizia.
Cerchi di dimenticare il disprezzo che ferisce.
Faccia scelte morali ed umanamente buone e buonissime ed insegni a suo figlio questo.
Lo faccia studiare nella bontà,
lo aiuti nelle scelte della vita.
Continui a liberarsi della catena di morte,
della fabbrica di morte,
dell'agonia continua.
Grazie ad Ecosia,
a Live University di Catania,
a Blog Sicilia, Hermes Sicily, Teatro.it e Carteggi letterari;
ad Angelo Ruoppolo sulla pagina «Cronaca»
della tv agrigentina Teleacras.
«Ci son più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia».