Gratis,
ma con costi per l'ente pubblico organizzatore,
al Villaggio Mosè,
nella mia Agrigento,
purtroppo con il doppio schermo relativamente piccolo e non troppo grande
- che non mi piace -
il film «Biagio»,
su Biagio Conte,
con la regia «siciliana»
e la sceneggiatura cinematografica di Pasquale Scimeca,
pellicola del 2014.
Con soggetto cinematografico di Marcello Mazzarella.
La colonna sonora cinematografica è di Marco Biscarini e Luca Leprotti.
E chissà com'è la regia cinematografica di Scimeca per questa pellicola,
per questo film drammatico.
Proiezione pubblica gratuita, dunque e pertanto, per tutti gli spettatori,
che costa mille euro al Parco Valle dei templi di Agrigento,
come risulta dalla cosiddetta determinazione.
Dalla cosiddetta determinazione numero 939 del Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento, del 27/12/2023.
Infatti quella determina
- di cui ho saputo tramite il servizio televisivo della tv agrigentina Tele Radio Studio 98 con un intervento
di Giuseppe Di Rosa,
se fosse candidato, un giorno, alle elezioni comunali di Agrigento,
o ad altre elezioni politiche,
potrei non votarlo,
il quale Di Rosa aveva definito il Palacongressi di Agrigento - luogo della proiezione -
il Teatro Pirandello 2.
Facendo riferimento agli spettacoli culturali del Teatro Pirandello di Agrigento.
E quella determina prevedeva di impegnare diecimila euro per la rassegna cinematografica «L'isola a tre punte»,
sulla Sicilia,
su «Cinema e paesaggio»,
anche indirettamente,
rassegna cinematografica di dieci spettacoli - questo dovrebbe essere il quinto.
Diecimila euro diviso dieci spettacoli cinematografici uguale mille euro a spettacolo cinematografico,
a proiezione cinematografica.
E volete visitare, insieme al mio blog CMTempoLibero,
la Agrigento culturale,
anche la Agrigento musicale,
più bella?
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E grazie,
per questo evento cinematografico agrigentino,
all'organizzatore della rassegna cinematografica agrigentina «L'isola a tre punte».
Buon lavoro al direttore del Parco Valle dei templi,
Pasquale Scimeca aveva girato anche «L'isola incantata»
- ed anche sceneggiatura per lui -
con Franco Scaldati,
con Anna Bonaiuto,
con Alfio Antico.
Il montaggio cinematografico di Pasquale Scimeca e Luca Capponi.
La musica di Alfio Antico,
dei Fratelli Mancuso (Enzo Mancuso e Lorenzo Mancuso),
degli Agricantus,
di Franco Battiato,
di Miriam Meghnagi,
di Mario Rivera.
La produttrice cinematografica è Linda Rivera:
la produzione della Arbash società cooperativa con il sostegno della Sicilia Film Commission.
Distribuzione cinematografica della Arbash Distribuzione.
Racconta e narra una storia, questo film,
della Sicilia.
Un crocevia di civiltà e congiunzione tra l'Occidente del mondo,
l'Oriente del mondo e l'Africa,
il continente africano.
Il racconto riguarderebbe una cosiddetta cantata dai tempi dell'imperatore Federico II di Svevia,
con le tre grandi religioni monoteiste,
il cristianesimo,
la religione musulmana e l'ebraismo.
La maggioranza sarebbe stata di religione cristiana,
anche se poi era divisa tra il rito cattolico,
il rito bizantino ed il rito copto.
Poi c’ erano molti che professavano ancora la religione musulmana.
Dunque i riti musulmani,
che conosco poco,
conosco quasi soltanto il Ramadan.
E le tradizioni musulmane.
Ed i costumi musulmani.
Si pensa subito al velo musulmano per le donne.
Ed, infine, c’erano gli ebrei;
che sarebbero arrivati assieme agli arabi,
ai berberi,
ai beduini,
ne so poco,
ed ai musulmani del califfato spagnolo,
un periodo storico davvero poco noto.
Ognuna di queste comunità, viveva più o meno in pace con l’altra.
Davvero ottimo, dunque.
Ognuna aveva le sue chiese,
le sue moschee e le sue sinagoghe.
E chissà se c'erano la moschea di Agrigento e la sinagoga di Agrigento.
Stupendo, inoltre, che la collaborazione e la tolleranza che caratterizzava queste tre culture - la cultura cristiana,
la cultura musulmana e la cultura ebraica -
avrebbe rivitalizzato l’economia dell’Isola,
della Sicilia,
e la avrebbe resa prospera e fiorente.
E chissà com'era Agrigento dal 1492,
quando la regina di Spagna Isabella e suo marito re Ferdinando,
a quanto pare su consiglio dell'inquisitore Torquemada,
avrebbero emanato un editto per cacciare via tutti i musulmani e gli ebrei che da secoli vivevano nei loro territori,
e purtroppo, la Sicilia - dunque anche Agrigento -
faceva parte di questi territori.
Chissà se ad Agrigento c'erano state le pestilenze,
le carestie,
le guerre e le persecuzioni.
E questo film continua con la storia,
con la musica,
con la colonna sonora cinematografica,
con l’epoca dei lumi,
con il Settecento,
durante lo sbarco di Garibaldi a Marsala,
con le prime lotte contadine per la terra,
con le guerre mondiali del Novecento,
con l'emigrazione.
E non so se ai tempi di Federico II,
ma, sicuramente oggi, Agrigento è tornata ad essere abitata da uomini e da donne di cultura musulmana e di religione musulmana.
E nelle note di regia di questa pellicola si faceva riferimento alla tradizione popolare del cantastorie siciliano.
E non credo esista ancora un cantastorie di Agrigento.
Le note registiche facevano anche riferimento ai cantastorie ed alla lingua del cinema,
al cartellone dove venivano disegnate le scene,
che assomiglierebbe al fotogramma su cui scorrono le immagini di un film.
Riferimento anche alla musica (al cantastorie che si accompagnava con la chitarra e alternava il racconto al canto)
che enfatizza e sottolinea la drammaticità del racconto,
ed all'uso degli attori (il cantastorie si calava nei suoi personaggi, interpretandone i sentimenti, come fanno gli attori nel cinema).
La figura del cantastorie in questo film sarebbe sostituita dai musicisti che compongono le musiche.
Dunque Alfio Antico,
i fratelli Mancuso, Miriam Meghnagi,
gli Agricantus,
il cantautore della provincia di Catania, Franco Battiato.
Quindi le radici nella musica popolare,
un'evoluzione nella musica popolare moderna,
attraverso contaminazioni che vanno dalla musica araba a quella ebraica ed africana.
La parte visiva è composta, in prevalenza,
da brani di film che il regista Pasquale Scimeca aveva girato nella sua carriera di cineasta,
e da nuove riprese,
soprattutto per la parte che riguarda la presenza in
scena dei musicisti.
Il film - non l'ho ancora visto - sarebbe iniziato con la morte di re Federico II e finirebbe ai giorni nostri.
E grazie a Film Italia.
Ma torniamo a «Biagio»
che potrò vedere in quello che si potrebbe chiamare PalaCultura del Villaggio Mosè o PalaCultura di Agrigento o PalaFuronoCongressi,
dato che mi risulta non ci siano più congressi lì da anni,
forse persino da decenni.
E «Biagio» per me non alle 18,
ma almeno alle diciannove e trenta,
alle sette e mezza della sera invernale.
Questo film biografico, dunque, per me il giovedì ventinove di febbraio del 2024.
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