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giovedì 14 agosto 2025

«I vecchi e i giovani» pirandelliani con la Girgenti morta dei preti - corvi secondo i maligni (ma non siamo in un film), il papa e gli svizzeri (non gli amici in terra elvetica di CMRomanzi, che lui vorrebbe incontrare la prossima estate né Coclite, che sta seguendo le rose e CMGiardinaggio), il poveretto conoscente di CMSalute, Ignazio, le pareti ed il soffitto tremendissimi, ma non la fame per fortuna - La scorta, il Governo italiano che mal vedeva per le idee ed il governo usurpatore, il maestro elementare, la chiacchiera in paese e le zolfare, gli equini, «il principe don Ippolito Laurentano, fiero», il «fantasma», non soltanto uno dei momenti della storia marittima, i «rozzi e squallidi tabernacoli» «nella solitudine immobile», lo sgomento, la fede, i viandanti (campagnuoli e carrettieri) «che troppo spesso, con aperta o nascosta ferocia, dimostravano di non ricordarsene», «neppure un piccolo lamento in mezzo a tanto squallore», il «Lasciatemi stare!», la porca maniera - Il vescovo letterario e... quando CMLibri rifonderà l'Arcigay nuovamente ad Agrigento? - 2 città del Parco letterario Camilleri - a rischio flop culturale ed anticume? - molto noiosamente in cerca di autori di novità e sperimentazione empedoclina (zzzzzzzz)? - Ci saranno o si occuperanno di altro essendo il loro progetto poco interessato a questo? - Si preannuncia così o cambierà? - La sola collina (non tutto il patrimonio della marna bianca di altri luoghi) partorirà molto meno del topolino «buono» o sarà un progetto «gaio» senza figli e nipoti e sterile o...? - Chissà se verranno esposte nuovamente le foto di Aldo Alessandro

Ai miei figli,


  giovani oggi,


    vecchi domani.

 

 

 

Questa la dedica letteraria di Luigi Pirandello nel/del romanzo storico «I vecchi e i giovani».

 

 

 

CMRomanzi non ha figli ed è relativamente giovane ancora.

 

 

 

Parole della sezione «Parla bene Monsignore....»,

 

 

 

sui tabernacoli,

 

 

 

la giumenta,

 

 

 

dunque un equino:

 

 

 

Le folte siepi di fichidindia, o di rovi secchi, o di agavi, e le muricce qua e là screpolate erano di tratto in tratto interrotte da qualche pilastro cadente, che reggeva un cancello scontorto e arrugginito, o da rozzi e squallidi tabernacoli, i quali, nella solitudine immobile, guardati dagl’ispidi rami degli alberi gocciolanti, anzichè conforto ispiravano un certo sgomento, posti com’eran lì a ricordare la fede a viandanti — per la maggior parte campagnuoli e carrettieri — che troppo spesso, con aperta o nascosta ferocia, dimostravano di non ricordarsene. Qualche triste uccelletto sperduto veniva, col timido volo raccolto delle penne bagnate, a posarsi su essi; spiava, e non ardiva di mettere neppure un piccolo lamento in mezzo a tanto squallore.


Da un pezzo per quello stradone sfangava, sbruffando a ora a ora, la vecchia giumenta bianca di Placido Sciaralla, esortata amorevolmente dal padrone avvilito, con le mani paonazze, gronchie dal freddo, tutto ristretto in sè contro il vento e la pioggia, nella vivace uniforme di soldato borbonico: calzoni rossi, cappotto turchino.




Frase complicata sugli asinelli, 

 

 

 

«il principe don Ippolito Lauretano, fiero»,

 

 

 

il «fantasma»:




Dei rari passanti a piedi o su pigri asinelli, qualcuno che ignorava come qualmente il principe don Ippolito Lauretano, fiero e pervicace nella fedeltà al passato governo delle Due Sicilie, tenesse nel suo fèudo di Colimbètra (dove fin dal 1860 si era per onta e per dispetto relegato) una guardia di venticinque uomini con la divisa borbonica, si voltava stupito e si fermava un pezzo a mirare quel buffo fantasma emerso dall’umido barlume del crepuscolo, e non sapeva che pensarne. 

 

 

 

Questo uno dei passaggi della Parte prima - Capitolo primo.




Un altro:




— Il Papa, in Vaticano con gli Svizzeri; don Ippolito Laurentano, nel suo fèudo con Sciaralla e compagnia! 

 

 

 

Il maestro elementare,

 

 

 

ne esistono 

 

 

 

anche oggi:

 

 

 

Veramente, ecco, dichiararsi campiere soltanto, scottava un po’ al povero Sciaralla, che “nasceva bene„ e aveva la patente di maestro elementare e di ginnastica. 

 

 

 

Il Principe, 

 

 

 

mal visto per le sue idee dal Governo italiano:

 

 

 

Con alcuni più crèduli, tal’altra, si lasciava andare a confidenze misteriose: che il Principe cioè, mal visto per le sue idee dal Governo italiano, il quale — figurarsi! — avrebbe alzato il fianco a saperlo morto assassinato o derubato senza pietà, avesse davvero bisogno, nella solitudine della campagna, di quella scorta, di cui egli, Sciaralla, indegnamente era capo.

 

 

 

Pochissime righe dopo:

 

 

 

— Boja, piuttosto! — s’era sentito più volte rispondere il povero Sciaralla, il quale allora pensava con un po’ di fiele quanto fosse facile al Principe il serbare con tanta dignità e tanta costanza quel fiero atteggiamento di protesta, rimanendo sempre chiuso entro i confini di Colimbètra, mentre a lui e a’ suoi subalterni toccava d’arrischiarsi fuori a risponderne.  




E lo hanno lasciato stare? La porca maniera:

 

 

 

— Ma ora, signori miei, via! Ora che siete voi i padroni.... Lasciatemi stare! È pane, signori miei! Dite sul serio?  


Invano. Gli volevano amareggiare il sangue per forza, fingendo di non comprendere che egli poi, in fondo, non era tutto nell’abito che indossava; che sotto quell’abito c’era un uomo, un pover’uomo come tutti gli altri, costretto a guadagnarsi da vivere in qualche porca maniera.




Dedico questo passaggio letterario ad un mio conoscente, Ignazio.




Il vescovo:

 

 

 

E Sciaralla non diceva dell’alto clero con Monsignor Vescovo alla testa, il quale, si sa, per un legittimista come Sua Eccellenza, poteva considerarsi naturale alleato.

 

 

 

All'epoca forse non esistevano i Radicali,

 

 

 

l'Arcigay (quando CMLibri rifonderà 

 

 

 

l'Arcigay nuovamente 

 

 

 

ad Agrigento,

 

 

 

dopo l'esperienza di un altro ragazzo qualche anno fa?).

 

 

   

Poi il discorso si fa molto più serio,

 

 

 

con la chiacchiera in paese ed i lavoratori delle zolfare:




C’era una chiacchiera in paese, la quale di giorno in giorno si veniva sempre più raffermando, che tutti gli operai delle città maggiori dell’isola, e le contadinanze e, più da presso, nei grossi borghi dell’interno, i lavoratori delle zolfare si volessero raccogliere in corporazioni o, come li chiamavano, in fasci, per ribellarsi non pure ai signori, ma ad ogni legge, dicevano, e far man bassa di tutto. 

 

 

 

Il vescovo monsignore ricco, 

 

 

 

la fede, 

 

 

 

la religione, 

 

 

 

«l’istinto bestiale di soddisfare quaggiù tutti i bassi appetiti del corpo!»:

 

 

 

Monarchie, istituzioni civili e sociali: cose temporanee; passano; si farà male a cambiarle agli uomini o a toglierle di mezzo, se giuste e sante; sarà un male però possibilmente rimediabile. Ma se togliete od oscurato agli uomini ciò che dovrebbe splendere eterno nel loro spirito: la fede, la religione? Orbene, questo aveva fatto il nuovo governo! E come poteva più il popolo starsi quieto tra le tante tribolazioni della vita, se più la fede non glielo faceva accettare con rassegnazione e anzi con giubilo, come prova e promessa di premio in un’altra vita? La vita è una sola? questa? Le tribolazioni non avranno un compenso di là, se con rassegnazione sopportate? E allora per qual ragione più accettarle e sopportarle? Trionfi il numero allora, e prorompa l’istinto bestiale di soddisfare quaggiù tutti i bassi appetiti del corpo!

Parlava proprio bene, Monsignore. La vera ragione di tutto il male era questa. Insieme con Monsignore, che veramente, ricco com’era, sentiva poco le tribolazioni della vita, Sciaralla avrebbe voluto che tutti i poveri la riconoscessero, questa ragione.

 

 

 

Al povero conoscente di CMSalute, Ignazio, 

 

 

 

sui Monti Sicani!

 

 

 

Ma lui non soffre la fame,




ma pareti e sofftto interni di una casa popolare tremendissimi,




con balconi superiori esterni ugualmente tremendi:




Ma non riusciva a levarsi dal capo un sant’uomo, un vecchierello mendico, venuto un giorno innanzi al cancello de la villa col rosario in mano, il quale, stando ad aspettar la limosina e sentendo un lungo brontolio nel suo stomaco, gli aveva fatto notare, con un mesto sorriso:

— Senti? Non lo dico io; lo dice lui che ha fame.... 

 

 

 

La sicurezza ed il non aver paura del principe:

 

 

 

Riposava certo su lui e sul valore e la devozione de’ suoi uomini quella sicurezza del Principe, al quale poteva bastare che dicesse di non aver paura, lasciando poi agli altri il pensiero del rimanente.  




La Girgenti morta dei preti - corvi secondo i maligni:




Fortuna che finora lì a Girgenti nessuno si moveva, nè accennava di volersi muovere! Paese morto. Tanto vero — dicevano i maligni — che vi regnavano i corvi, cioè i preti. L’accidia, tanto di far bene quanto di far male, era radicata nella più profonda sconfidenza della sorte, nel concetto che nulla potesse avvenire, che vano sarebbe stato ogni sforzo per scuotere l’abbandono desolato, in cui giacevano non soltanto gli animi, ma anche tutte le cose.

 

 

 

Ma non siamo nel film «Il corvo».

 

 

 

Eccovi tutto il testo di «Parla bene Monsignore....»:

 

 

 

Capitolo Primo.


Parla bene Monsignore....


La pioggia, caduta a diluvio la notte scorsa, aveva reso impraticabile il lungo stradone, tutto a volte e risvolte, quasi in cerca di men faticose erte, di pendii meno ripidi, tra la scabra ineguaglianza della vasta campagna solitaria.

Il guasto dell’intemperie appariva tanto più triste, in quanto, qua e là, già era evidente il disprezzo e quasi il dispetto della cura di chi aveva tracciato e costruito la via per facilitare agli altri il cammino tra le asperità dei luoghi, con quei gomiti e quelle giravolte, con le opere or di sostegno, or di riparo. I sostegni eran crollati, i ripari abbattuti, per dar passo a dirupate scorciatoje.

Piovigginava ancora a scosse, nell’alba livida, tra il vento che spirava gelido, a raffiche, da ponente. E a ogni raffica, su quel lembo di paese emergente or ora, appena, cruccioso, dalle fosche ombre umide della notte tempestosa, pareva scorresse un lungo brivido, dalla città, fitta di case gialligne, alta e velata sul colle, a le vallate, ai poggi, ai piani irti ancora di stoppie annerite, fino al mare laggiù, torbido e rabbuffato.

Pioggia e vento parevano un’ostinata crudeltà del cielo sopra la desolazione di quelle piagge estreme della Sicilia, su le quali Girgenti, nei resti miserevoli della sua antichissima vita raccolti lassù, si levava silenziosa e attonita superstite nel vuoto d’un tempo senza vicende, nell’abbandono d’una miseria senza riparo.

Le folte siepi di fichidindia, o di rovi secchi, o di agavi, e le muricce qua e là screpolate erano di tratto in tratto interrotte da qualche pilastro cadente, che reggeva un cancello scontorto e arrugginito, o da rozzi e squallidi tabernacoli, i quali, nella solitudine immobile, guardati dagl’ispidi rami degli alberi gocciolanti, anzichè conforto ispiravano un certo sgomento, posti com’eran lì a ricordare la fede a viandanti — per la maggior parte campagnuoli e carrettieri — che troppo spesso, con aperta o nascosta ferocia, dimostravano di non ricordarsene. Qualche triste uccelletto sperduto veniva, col timido volo raccolto delle penne bagnate, a posarsi su essi; spiava, e non ardiva di mettere neppure un piccolo lamento in mezzo a tanto squallore.

Da un pezzo per quello stradone sfangava, sbruffando a ora a ora, la vecchia giumenta bianca di Placido Sciaralla, esortata amorevolmente dal padrone avvilito, con le mani paonazze, gronchie dal freddo, tutto ristretto in sè contro il vento e la pioggia, nella vivace uniforme di soldato borbonico: calzoni rossi, cappotto turchino.

— Coraggio, Titina!

E il fiocco del berretto a barca, di bassa tenuta, pendulo sul davanti, andava in qua e in là, quasi battendo la solfa al trotto stracco della povera giumenta. Dei rari passanti a piedi o su pigri asinelli, qualcuno che ignorava come qualmente il principe don Ippolito Lauretano, fiero e pervicace nella fedeltà al passato governo delle Due Sicilie, tenesse nel suo fèudo di Colimbètra (dove fin dal 1860 si era per onta e per dispetto relegato) una guardia di venticinque uomini con la divisa borbonica, si voltava stupito e si fermava un pezzo a mirare quel buffo fantasma emerso dall’umido barlume del crepuscolo, e non sapeva che pensarne.

Passando innanzi allo stupore di questi ignoranti, Sciaralla, capitano di quella guardia, non ostante il freddo e la pioggia ond’era tutto abbrezzato e inzuppato, si drizzava su la vita, assumeva un contegno marziale; marzialmente, se capitava, porgeva con la mano il saluto a qualcuno di quei tabernacoli; poi, chinando gli occhi per guardarsi le punte tirate su a forza e insegate dei radi baffetti neri (indegni baffi!) sotto il robusto naso aquilino, cangiava l’amorevole esortazione alla bestia in un: “Su! su!„ imperioso, seguito da una stratta alla briglia e da un colpetto di sproni giunti, a cui talvolta Titina — mannaggia! — sforzata così nella lenta vecchiezza, soleva rispondere con poco decoro.

Ma questi incontri, tanto graditi al Capitano, avvenivano molto di raro. Tutti ormai sapevano di quel corpo di guardia a Colimbètra, e ne ridevano se n’indignavano.

— Il Papa, in Vaticano con gli Svizzeri; don Ippolito Laurentano, nel suo fèudo con Sciaralla e compagnia!

E Sciaralla, che dentro la cinta di Colimbètra si sentiva a posto, capitano sul serio, fuori non sapeva più qual contegno darsi per sfuggire alle beffe e alle ingiurie.

Già cominciamo che tutti lo degradavano, chiamandolo caporale. Stupidaggine! indegnità! Perchè lui comandava ben venticinque uomini (ohè, venticinque!) e bisognava vedere come li istruiva in tutti gli esercizii militari e come li faceva trottare. E poi.... Ma scusate, tutti i signoroni non tengono forse nelle loro terre una scorta di campieri in divisa? Veramente, ecco, dichiararsi campiere soltanto, scottava un po’ al povero Sciaralla, che “nasceva bene„ e aveva la patente di maestro elementare e di ginnastica. Tuttavia, a colorar così la cosa s’era piegato talvolta a malincuore, per non esser qualificato peggio. Campiere, sì.... campiere capo.

— Caporale?

— Capo! capo! Che c’entra caporale? Ammettete allora che sia milizia?

Di chi? come? e perchè vestita a quel modo? Sciaralla si stringeva ne le spalle, socchiudeva gli occhi, sospirava:

— Un’uniforme come un’altra.... Capriccio di Sua Eccellenza, che volete farci?

Con alcuni più crèduli, tal’altra, si lasciava andare a confidenze misteriose: che il Principe cioè, mal visto per le sue idee dal Governo italiano, il quale — figurarsi! — avrebbe alzato il fianco a saperlo morto assassinato o derubato senza pietà, avesse davvero bisogno, nella solitudine della campagna, di quella scorta, di cui egli, Sciaralla, indegnamente era capo. Restava però sempre da spiegare perchè quella scorta dovesse andar vestita di quell’uniforme odiosa.

— Boja, piuttosto! — s’era sentito più volte rispondere il povero Sciaralla, il quale allora pensava con un po’ di fiele quanto fosse facile al Principe il serbare con tanta dignità e tanta costanza quel fiero atteggiamento di protesta, rimanendo sempre chiuso entro i confini di Colimbètra, mentre a lui e a’ suoi subalterni toccava d’arrischiarsi fuori a risponderne.

Invano, a quattr’occhi, giurava e spergiurava, che mai e poi mai egli, al tempo dei Borboni, avrebbe indossato quell’uniforme, simbolo di tirannide, allora, simbolo dell’oppressione della patria; e soggiungeva, scotendo le mani:

— Ma ora, signori miei, via! Ora che siete voi i padroni.... Lasciatemi stare! È pane, signori miei! Dite sul serio?

Invano. Gli volevano amareggiare il sangue per forza, fingendo di non comprendere che egli poi, in fondo, non era tutto nell’abito che indossava; che sotto quell’abito c’era un uomo, un pover’uomo come tutti gli altri, costretto a guadagnarsi da vivere in qualche porca maniera. Con gli sguardi, coi sorrisi, componendo il volto a un’aria di vivo interessamento ai casi altrui, cercava in tutti i modi di stornar l’attenzione da quell’abito; poi, di tutte quelle arti che usava, di tutte quelle smorfie che faceva, si stizziva fieramente con sè stesso, perchè, a guardar quell’abito senza alcuna idea, gli pareva bello, santo Dio! e che gli stèsse proprio bene; e quasi quasi gli cagionava rimorso il dover fingersi afflitto di portarlo.

Aveva sentito dire che su, a Girgenti, un certo “funzionario„ continentale, barbuto e bilioso, aveva pubblicamente dichiarato con furiosi gesti, che una tale sconcezza, una siffatta tracotanza, un così patente oltraggio alla gloria della rivoluzione, al governo, alla patria, alla civiltà, non sarebbero stati tollerati in alcun’altra parte d’Italia, nè forse in alcun’altra provincia della stessa Sicilia, che non fosse questa di Girgenti, così.... così.... — e non aveva voluto dir come, a parole; con le mani aveva fatto un certo atto....

Oh Dio, ma proprio per lui, per quell’uniforme borbonica dei venticinque uomini di guardia, tanto sdegno, tanto schifo? O perchè non badavan piuttosto codesti indignati al signor sindaco, ai signori assessori e consiglieri comunali e provinciali e ai più cospicui cittadini, che venivano a gara, tutti parati e impettiti, a fare ossequio a S. E. il Principe di Laurentano, che li accoglieva ne la villa come un re nella reggia? E Sciaralla non diceva dell’alto clero con Monsignor Vescovo alla testa, il quale, si sa, per un legittimista come Sua Eccellenza, poteva considerarsi naturale alleato.

Sciaralla gongolava e gonfiava per tutte queste visite; e nulla gli era più gradito che impostarsi ogni volta su l’attenti a presentar le armi. Se veniva Monsignore, se veniva il sindaco, la sentinella chiamava dal cancello il drappelletto dal posto di guardia vicino, e un primo saluto, là, in piena regola, con un bel fracasso d’armi, levate e appiedate di scatto; un altro saluto poi, sotto le colonne del vestibolo esterno de la villa, al richiamo dell’altra sentinella del portone. Rispetto al salario, era così poco il da fare, che tanto lui quanto i suoi uomini se ne davano apposta, cercandone qua e là il pretesto; e una delle faccende più serie erano appunto questi saluti alla militare, i quali servivano a meraviglia a toglier loro l’avvilimento di vedersi — così ben vestiti com’erano — inutili affatto.

In fondo, con tali e tanti protettori, Sciaralla avrebbe potuto ridersi della baja che gli dava la gente minuta, se, come tutti i vani, non fosse stato desideroso d’esser veduto e accolto da ognuno con grazia e con favore. Non sapeva ridersene poi, e anzi da un pezzo in qua ne era anche più d’un po’ costernato per un’altra ragione.

C’era una chiacchiera in paese, la quale di giorno in giorno si veniva sempre più raffermando, che tutti gli operai delle città maggiori dell’isola, e le contadinanze e, più da presso, nei grossi borghi dell’interno, i lavoratori delle zolfare si volessero raccogliere in corporazioni o, come li chiamavano, in fasci, per ribellarsi non pure ai signori, ma ad ogni legge, dicevano, e far man bassa di tutto.

Più volte, essendo di servizio nell’anticamera, ne aveva sentito discutere nel salone. Il Principe — s’intende — ne dava colpa al governo usurpatore, che prima aveva gabbato o poi affamato le popolazioni dell’isola con imposte e manomissioni inique e spudorate; gli altri gli facevano coro; ma Monsignor Vescovo pareva a Sciaralla che meglio di tutti sapesse scoprir la piaga.

Il male, il vero male, il più gran male fatto dal nuovo governo non consisteva tanto nell’usurpazione, che faceva ancora e giustamente sanguinare il cuore di S. E. il Principe di Laurentano. Monarchie, istituzioni civili e sociali: cose temporanee; passano; si farà male a cambiarle agli uomini o a toglierle di mezzo, se giuste e sante; sarà un male però possibilmente rimediabile. Ma se togliete od oscurato agli uomini ciò che dovrebbe splendere eterno nel loro spirito: la fede, la religione? Orbene, questo aveva fatto il nuovo governo! E come poteva più il popolo starsi quieto tra le tante tribolazioni della vita, se più la fede non glielo faceva accettare con rassegnazione e anzi con giubilo, come prova e promessa di premio in un’altra vita? La vita è una sola? questa? Le tribolazioni non avranno un compenso di là, se con rassegnazione sopportate? E allora per qual ragione più accettarle e sopportarle? Trionfi il numero allora, e prorompa l’istinto bestiale di soddisfare quaggiù tutti i bassi appetiti del corpo!

Parlava proprio bene, Monsignore. La vera ragione di tutto il male era questa. Insieme con Monsignore, che veramente, ricco com’era, sentiva poco le tribolazioni della vita, Sciaralla avrebbe voluto che tutti i poveri la riconoscessero, questa ragione. Ma non riusciva a levarsi dal capo un sant’uomo, un vecchierello mendico, venuto un giorno innanzi al cancello de la villa col rosario in mano, il quale, stando ad aspettar la limosina e sentendo un lungo brontolio nel suo stomaco, gli aveva fatto notare, con un mesto sorriso:

— Senti? Non lo dico io; lo dice lui che ha fame....

La costernazione di Sciaralla, per quel grave pericolo che sovrastava a tutti i signori, proveniva più che altro dalla sicurezza con cui il Principe, là nel salone, pareva lo sfidasse. Riposava certo su lui e sul valore e la devozione de’ suoi uomini quella sicurezza del Principe, al quale poteva bastare che dicesse di non aver paura, lasciando poi agli altri il pensiero del rimanente.

Fortuna che finora lì a Girgenti nessuno si moveva, nè accennava di volersi muovere! Paese morto. Tanto vero — dicevano i maligni — che vi regnavano i corvi, cioè i preti. L’accidia, tanto di far bene quanto di far male, era radicata nella più profonda sconfidenza della sorte, nel concetto che nulla potesse avvenire, che vano sarebbe stato ogni sforzo per scuotere l’abbandono desolato, in cui giacevano non soltanto gli animi, ma anche tutte le cose. E a Sciaralla parve d’averne una prova confortante nel triste spettacolo che gli offriva, quella mattina la campagna intorno e quello stradone.

 

 

 

Si preannuncia bocciatissimo,

 

 

 

finora,

 

 

 

il Parco letterario Andrea Camilleri, 

 

 

 

speriamo non lo sia,

 

 

 

se ci sarà più realismo basato sull'innovazione, 

 

 

 

su un amore oltre ogni confine,

 

 

 

sulla conoscenza dei territori e dei miglioramenti innovativi da fare ed effettuare. 

 

 

 

Si prospetta davvero molto noioso il Parco letterario Andrea Camilleri praticamente senza Porto Empedocle (Ag - provincia di Agrigento), 

 

 

 

con le brutture di Porto Empedocle,

 

 

 

«non elogiatissime»,


 

 

a cui si aggiungono le ultime arrivate recentissime sulla spiaggia di Marinella e «stantìe e pochissimo fresche»,

 

 

 

senza la bellissima Torre Carlo V del centro di Porto Empedocle,

 

 

 

senza la chiesetta - auditorium,

 

 

 

ugualmente nel centro di Porto Empedocle;

 

 

 

con Punta Piccola, 

 

 

 

a Realmonte;

 

 

 

con la Villa romana antica di Durrueli, 

 

 

 

a Realmonte, 

 

 

 

nell'Agrigentino, 

 

 

 

con il bianco della Scala dei Turchi,

 

 

 

a Realmonte,

 

 

 

purtroppo ancora senza un Parco della marna bianca,

 

 

 

fra Punta Bianca,

 

 

 

ad Agrigento;

 

 

 

la Scala dei turchi;

 

 

 

la Dama bianca di Siculiana, 




nel Libero consorzio di Agrigento,




e Capo Bianco,




a Cattolica Eraclea,




quasi ai confini di Ribera,




sulla costa agrigentina,




da candidare assieme a Patrimonio Unesco dell'umanità.

 
 
 

Grazie a Lorenzo Rosso sulla pagina «Porto Empedocle»




ed alle pagine «Cultura»

 

 

 

e «Valle dei templi»

 

 


di AgrigentoOggi;

 

 

 

a WikiSource,

 

 

 

a Wikipedia.

[Da] I 3 periodi - chiave dell'interesse di Borges per il tango e le milonghe - «Blanca e le niñas viejas» della Rinaldi - «L'invenzione della poesia» ed «Elogio dell'ombra» [Da aggiornare su questi libri]

Spero di scrivervi presto successivamente dei tre periodi - chiave

 

 

 

dell'interesse per il tango

 

 

 

per le milonghe

 

 

 

dello scrittore argentino e sudamericano Jorge Luis Borges

 

 

 

Robin Fiddian nel capitolo 13 

 

 

 

dalla «Parte I - Sè stesso, famiglia e la nazione Argentina», 

 

 

 

del saggio e libro «Jorge Luis Borges in Context»

 

 

 

scrive 

 

 

 

che Borges si era impegnato 

 

 

 

con queste forme vernacolari.

 

 

 

Credo 

 

 

 

che la prossima volta   




scriverò delle forme vernacolari.




Non so ancora 

 

 

 

di cosa scrivere,




invece,




su «Blanca e le niñas viejas» 

 

 

 

di Patrizia Rinaldi;




sui libri «L'invenzione della poesia» 

 

 

 

ed «Elogio dell'ombra».

Un documento ufficiale che unisca chiedendo di aiutare i numerosi palestinesi buoni riconoscendo il loro Stato? Il Consiglio comunale della mia città, il sindaco e l'amministrazione con rumore e senza silenzio? O...

Un documento ufficiale che unisca 

 

 

 

chiedendo 

 

 

 

di aiutare 

 

 

 

i numerosi palestinesi buoni riconoscendo il loro Stato di Palestina? 

 

 

 

Il Consiglio comunale della mia Agrigento, 

 

 

 

della mia città, 

 

 

 

il sindaco Franco Miccichè e l'amministrazione comunale Miccichè con rumore e senza silenzio? 

 

 

 

Oppure con un rumorosissimo silenzio con documento ufficiale scritto che prenda posizione contro la guerra nella striscia di Gaza?

La pesca Merendella della Sicilia ed il maestro giardiniere Carlo Pagani

Ho conosciuto la pesca Merendella della Sicilia con il suo nome grazie al maestro giardiniere Carlo Pagani,

 

 

 

ma la conoscevo da decenni.

 

 

 

Grazie a lui.




Seguitemi su CMGiardinaggio su Facebook,




chiedetemi pure di aiutarvi 

 

 

 

se volete visitare la Agrigento,




la Porto Empedocle,




la Siculiana,




la Bivona delle pesche.

Concordo con Ida Carmina: quando ci saranno la prevenzione degli incendi, la messa in sicurezza di persone ed ecosistemi ed il sollievo ai cittadini siciliani, Musumeci?

CMSalute concorda con la deputata Ida Carmina: 

 

 

 

non ha visto la prevenzione degli incendi, 

 

 

 

perché ne ha visti numerosi in giro vicino alle strade.

 

 

 

Fa pochissimo Nello Musumeci?




Grazie a Teleacras.

«La voce» e la delicatezza dell'incipit sul figlio Silvio cieco della marchesa Borghi visitato dal dottor Falci

Potete seguirmi su CMLibri su YouTube e visitare la mia Agrigento pirandelliana scrivendomelo 

 

 

 

sia là 

 

 

 

sia qua.

 

 

 

Le prime parole,

 

 

 

l'incipit,

 

 

 

della novella pirandelliana «La voce»:

 

 

 

Pochi giorni prima che morisse, la marchesa Borghi aveva voluto consultare, più per scrupolo di coscienza che per altro, anche il dottor Giunio Falci, per il proprio figlio Silvio, cieco da circa un anno.

Cosa sono i pirciati c'abbruscianu? La ricetta un giorno? Conoscersi a fondo e «denudarsi» non nel fisico, ma nell'anima (della cucina), fa davvero bene

CMRicettePasta, CMRicette, 

 

 

 

non ha mai visto questo tipo di pasta siciliana ed ecco, 

 

 

 

dunque, 

 

 

 

cosa sono questi pirciati c'abbruscianu. 

 

 

 

La ricetta un giorno su questo blog sul tempo libero e la cucina,

 

 

 

dopo che li ho conosciuti?





Grazie al sito «Un marito in cucina».

L'attore nudo del trailer di «Bring Her Back - Torna da me»

L'attore nudo all'inizio del trailer cinematografico del film «Bring Her Back - Torna da me»,

 

 

 

chissà chi è,

 

 

 

magari una comparsa cinematografica,

 

 

 

sembra quanto di meglio in questo film horror:

 

 

 

completamente nudo, 

 

 

 

ripresi dall'alto lui e la donna, 

 

 

 

circa almeno di mezza età lui,

 

 

 

più probabilmente relativamente anziano,

 

 

 

persino a piedi nudi sulla terra «solida» non morbida,




senza scarpe,

 

 

 

dunque;

 

 

 

realistico con i capelli stempiati,

 

 

 

il petto robusto,

 

 

 

la pancia,

 

 

 

non si vede l'organo sessuale maschile;

 

 

 

si muove dal bordo della circonferenza verso il centro.

 

 

 

Tutto il resto mi sembra, 

 

 

 

purtroppo,

 

 

 

noia e non sono andato e non andrò a vedere il film.

mercoledì 13 agosto 2025

Il giallo, Gian Mauro Costa ed Andrea Camilleri: una giornata, il Ferragosto - Tornatore e le colonne sonore di Morricone per «Baaria» e «La corrispondenza»

Il giallo accomuna Gian Mauro Costa ed Andrea Camilleri: 
 
 
 
hanno entrambi pubblicato loro racconti gialli in due libri e raccolte di racconti:
 
 
 
precisamente «Una giornata in giallo» 
 
 
 
e «Ferragosto in giallo».
 
 
 
Ed avete rivisto e rivisto
 
 
 
«Nuovo Cinema Paradiso»
 
 
 
o ascoltato 
 
 
 
anche le colonne sonore cinematografiche meno note di Ennio Morricone?
 
 
 
Devo presentare 
 
 
 
presto 
 
 
 
il mio «sogno» realistico al regista Giuseppe Tornatore, 
 
 
 
probabilmente indirettamente. 
 
 
 
Buon lavoro come intervistatore allo scrittore Gian Mauro Costa. 
 
 
 
Chissà se partecipasse ad un'eventuale presentazione del libro «Le bugie degli arcangeli»,
 
 
 
che non suscita troppo la mia curiosità,



cerco di scrivere sempre



la verità,
 
 
 
oppure con il nuovo libro che pubblicherà.



Chissà se esista
 
 
 
ancora 
 
 
 
la «Strada del cinema».
 
 
 
Non vado agli appuntamenti della «Strada degli scrittori»
 
 
 
diretta da Felice Cavallaro, 
 
 
 
da tanto tempo,
 
 
 
a me non interessano.
 
 
 
Il regista Giuseppe Tornatore 
 
 
 
riceverà 
 
 
 
un nuovo premio Oscar? 
 
 
 
Cosa ne pensate delle colonne sonore cinematografiche del maestro Ennio Morricone per «Baaria» 
 
 
 
 e per il film «La corrispondenza»?

«La danza delle Baccanti» al Teatro greco antico di una città sul mare della mia provincia - «Etten - Paesaggio» e la «Lettera I» di Van Gogh ad Émile Bernard sulle «Leggende russe» di Tolstoj, la Kahlo, la vendetta di Era contro Semele, la tomba, le rovine della casa nella tragedia «Le Baccanti» di Euripide

Fra poco parto in automobile per andare allo spettacolo «La danza delle Baccanti» 

 

 

 

e vi chiedo se volete visitare il luogo di rappresentazione teatrale, 

 

 

 

insieme al mio blog CMTempoLibero,

 

 

 

scrivendomelo su CMLibriCMViaggi sulle reti sociali,

 

 

 

condividendo con i tag e le etichette #CMTeatro #CMViaggiArte.

 

 

 

seguendomi,

 

 

 

leggendo altri miei testi qui,

 

 

 

volete visitare il Teatro greco di Eraclea Minoa,

 

 

 

a Cattolica Eraclea (Ag - provincia di Agrigento). 

 

 

 

Volete venire, 

 

 

 

come, 

 

 

 

eventualmente, 

 

 

 

miei conoscento o un amico,

 

 

 

a vedere lo spettacolo teatrale sui pittori Vincent Van Gogh e Frida Kahlo e, suppongo, 

 

 

 

sulla tragedia teatrale «Le Baccanti»

 

 

 

di Euripide? 

 

 

 

«Etten - Paesaggio»,

 

 

 

del 1881,

 

 

 

di Vincent Van Gogh:

 

 

 


 

 

 

Purtroppo 

 

 

 

avevo scritto

 

 

 

moltissimo

 

 

 

su questo quadro, 

 

 

 

ma sembra andato tutto perso.




Chissà se vi scriverò molto lentamente quanto avevo scritto sull'analisi dell'opera pittorica in futuro,




chissà quando.




Nella «Lettera I»

 

 

 

di un Vincent Van Gogh un po' «letterario»

 

 

 

ad Émile Bernard il consiglio delle «Leggende russe»

 

 

 

di Lev Tolstoj.

 

 

 

«Le Baccanti»

 

 

 

di Euripide, 

 

 

 

invece,

 

 

 

cominciano 

 

 

 

con le parole di Dioniso,

 

 

 

di questo dio greco,

 

 

 

anche protagonista teatrale maschile.

 

 

 

Le indicazioni sul luogo della tragedia teatrale e le prime parole di Dioniso, 

 

 

 

l'incipit teatrale,

 

 

 

nella traduzione di Ettore Romagnoli:

 

 

 

La scena si svolge in Tebe, davanti alla reggia di Pènteo.
Da un lato si vedono, ancora fumiganti, le rovine della casa
di Semèle.

   

 

 

Suol di Tebe, a te giungo. Io son Dïòniso,
   generato da Giove, e da Semèle
   figlia di Cadmo, a cui disciolse il grembo
   del folgore la fiamma. Ora, mutate
   le sembianze celesti in forma umana,
   di Dirce all'acqua, ai flutti ismenî vengo.
   Dell'arsa madre a questa reggia presso
   veggo la tomba: le rovine veggo
   della sua casa, ove il celeste fuoco
   fumiga, vivo ancor, della vendetta
   d'Era contro mia madre eterno segno.

 

 

 

Dunque la vendetta di Era contro Semele.

 

 

 

Credo, invece, 

 

 

 

costi quindici euro,

 

 

 

«La danza delle Baccanti». 

 

 

 

Forse non poco.

 

 

 

Volete cenare 

 

 

 

prima dello spettacolo 

 

 

 

o dopo lo spettacolo teatrale?

 

 

 

Scrivetemelo su CMRicette.




Grazie alla pagina Gallica della BnF,




della Biblioteca nazionale di Francia;




al sito Filosofico;




a Wikipedia Commons in inglese,




a WikiSource in francese,




a WikiMedia,

 

 

 

a Wikipedia.

«Lo dicevo io che era finocchio»: Onesta nel film «Il figlioccio del padrino» visto da CMViaggi in tv - Che ne pensate degli omosessuali? - Le vostre esperienze?

Il personaggio cinematografico femminile di Onesta nel film italiano «Il figlioccio del padrino»

 

 

 

dice ed afferma a proposito del personaggio maschile di Oronzo Musumeci: 

 

 

 

«Lo dicevo io che era finocchio»,

 

 

 

laddove 

 

 

 

gli stranieri

 

 

 

o coloro che non padroneggiano

 

 

 

ancora l'italiano,

 

 

 

la lingua italiana,

 

 

 

sappiano 

 

 

 

che finocchio

 

 

 

qui

 

 

 

non è 

 

 

 

il frutto,

 

 

 

ma significa 

 

 

 

omosessuale

 

 

 

nel linguaggio più popolare.




Che ne pensate degli omosessuali? 

 

 

 

Le vostre esperienze?




Li avete incontrati durante le vostre vacanze?




Vivete le vacanze da omosessuali?




Se sì,




come?




Vorreste scrivermelo 

 

 

 

su CMViaggi sulle reti sociali?




Un giorno 

 

 

 

ci sarà

 

 

 

un'Agrigento omosessuale per le vacanze omosessuali per tutti e tutte, 

 

 

 

vacanze amichevoli verso gli omosessuali,

 

 

 

le cosiddette vacanze gay-friendly?

CMRicetteOrtaggi lo ha caramellato con la cipolla paglina di Castrofilippo, presidio «lento»: la ricetta del peperone verde, uno dei numerosi regalatimi da padre Giuseppe Gagliano e raccolti nell'orto della parrocchia di San Giuseppe lavoratore a Grandi lavori a Porto Empedocle

CMRicetteOrtaggi

 

 

 

CMRicette,

 

 

 

ha lavato il peperone, 

 

 

 

lo ha tagliato a metà, 

 

 

 

non lo ha privato dei semi perché gli piacciono,

 

 

 

anche se erano relativamente pochi e non troppi nel peperone stesso che ha usato.

 

 

 

Li ha tagliati a pezzetti più o meno della stessa grandezza per avere una cottura omogenea,

 

 

 

a me sono risultati dei parallelepipedi,

 

 

 

vi consiglio di non tormentarvi sul particolare, comunque;

 

 

 

nella videoricetta del blog di ricette «Creando si impara» 

 

 

 

erano quadratini. 




Ho affettato finemente 

 

 

 

la cipolla paglina di Castrofilippo (Ag - provincia di Agrigento),

 

 

 

questa cipolla bianca presidio Slow Food,

 

 

 

a spicchi e la ho fatta rosolare ed appassire 

 

 

 

in una padella con un filo d’olio.

 

 

 

Ho unito i peperoni. 

 

 

 

Ho aggiunto l’aceto di mele limpido biologico, 

 

 

 

il sale, 

 

 

 

lo zucchero di canna integrale Atado Dulce biologico della Colombia.




Sappiate anche 

 

 

 

che io non mi sono aiutato con un po’ d'acqua, 

 

 

 

come consigliato 

 

 

 

da quel sito internet/blog di ricette e cucina.

 

 

 

Ho portato, 

 

 

 

dunque,

 

 

 

a cottura, 

 

 

 

mescolando 

 

 

 

di quando in quando, 

 

 

 

di tanto in tanto,

 

 

 

per non fare attaccare il peperone verde 

 

 

 

e rendere uniforme la cottura.

martedì 12 agosto 2025

1. Le favole contro l'autismo in una Villa romana antica dei miei dintorni o, anni fa, «di cioccolata» 2. Trascritta dai fratelli Grimm «Il principe ranocchio o Enrico di ferro» in cui quest'ultimo è fedele, disperato, con 3 cerchi di ferro attorno al cuore contro gli scoppi d'angoscia - Viene salvato tramite la coppia «libertà e felicità» (CMLibri scriverà la bozza di un nuovo racconto?) 3. Non per i bimbi, ma diretto agli adulti quanto segue: mi ricorda molto tranquillamente la storia di un omosessuale, di un uomo bisessuale sposato, che ha tradito almeno due volte la moglie, le nasconde ancora la verità (scoperta già una volta) riguardante anche una relazione segreta con un Giuseppe di Sicilia (possiamo sperare nella riappacificazione fra i tre grazie alla solidarietà?) - Il coniuge vuole reprimere gli istinti e la tendenza omosessuale - La soluzione forse più probabile e «sicura» a favore di una pace serena molto duratura? Superare i fastidi con il «gaio» - fondamentalmente buono e pro-unione eterna - con i propri tempi, dire molto lentamente non soltanto a lui, ma anche alla famiglia oramai adulta quanto accaduto, avvalendosi in maniera riservatissima dell'aiuto di religiosi e veri amici; magari tramite i figli convincere attraverso i fidatissimi la consorte ad amare nel modo più immenso dell'universo accettando la natura del compagno di vita senza gelosia - aprendo la vita familiare all'altro, che nel frattempo cambierà la sua vita, come nelle triadi o nelle coppie gay che modificano la propria esistenza - Jung, l'inconscio, il vero amore che, come una casa costruita sulla roccia, nasce lentamente dalla conoscenza e, poi, dall'amicizia

Riassunto del tezo punto in questo mio blog e diario in rete, 
 
 
 
fra numerose righe la versione più lunga: 
 
 
 
mi ricorda molto tranquillamente la storia di un omosessuale paterno e comprensivo, 
 
 
 
di un uomo bisessuale sposato, 
 
 
 
che ha tradito almeno due volte la moglie, 
 
 
 
e chissà se ancora la tradisce, 
 
 
 
le nascondeva e, probabilmente, nasconde ancora la verità (scoperta già una volta) 
 
 
 
riguardante anche una relazione segreta con un Giuseppe di Sicilia (possiamo sperare nella riappacificazione fra i tre grazie alla solidarietà?) 
 
 
 
Il coniuge vuole reprimere gli istinti e la tendenza omosessuale. 
 
 
 
La soluzione forse più probabile e «sicura» 
 
 
 
per evitare situazioni da laboratorio inumane, addii ed a favore di una pace serena molto duratura? 
 
 
 
Superare i fastidi con il «gaio» 
 
 
 
- fondamentalmente buono e pro-unione eterna - 
 
 
 
con i propri tempi, 
 
 
 
dire molto lentamente non soltanto a lui, 
 
 
 
ma anche alla famiglia oramai adulta, 
 
 
 
quanto accaduto, 
 
 
 
anche il più difficile da spiegare, 
 
 
 
avvalendosi in maniera riservatissima dell'aiuto di religiosi e veri amici (uno, purtroppo, è già deceduto); 
 
 
 
magari tramite i figli convincere attraverso i fidatissimi la consorte ad amare nel modo più immenso dell'universo accettando la natura del compagno di vita senza gelosia - su cui eventualmente lavoreranno con calma e senza fretta - 
 
 
 
aprendo la vita familiare all'altro, 
 
 
 
che nel frattempo cambierà la sua vita, 
 
 
 
come nelle triadi o nelle coppie gay che modificano la propria esistenza.
 
 
 

CMLibri scriverà 

 
 
 
la bozza di un nuovo racconto sulle versioni contemporanee del principe ranocchio, 
 
 
 
di Enrico di ferro,
 
 
 
di altri personaggi, 
 
 
 
sulle protagoniste femminili, 
 
 
 
sulle donne secondarie di questa favola e fiaba tedesca di cui scrivo fra alcune righe?
 
 
 
Magari la bozza di racconto potrebbe cominciare 
 
 
 
con 
 
 
 
«Nei tempi contemporanei, quando ancora e sempre desiderare ha un senso almeno per due uomini, c'è un infermiere, il re nel suo campo, che ha molte figlie, tutte bellissime ed almeno una brutta, ma la più grande era talmente bella che, persino il sole, che di cose ed esseri umani ne aveva viste e visti numerose e tanti, se ne stupiva quando un suo raggio ne attraversava il volto.»
 
 
   
«Il principe ranocchio o Enrico di ferro»,
 
 
 
trascritta dai fratelli Grimm, 
 
 
 
è una favola e fiaba in cui quest'ultimo è fedele, disperato, 
 
 
 
con tre cerchi di ferro attorno al cuore contro gli scoppi d'angoscia.
 
 
 
Viene salvato tramite la coppia «libertà e felicità»,
 
 
 
la libertà del principe, 
 
 
 
non più ranocchio,
 
 
 
gli dà felicità. 
 
 
 
Sezione del testo 
soltanto per adulti e maturi 
e non per bimbi, 
fanciulli e ragazzi
 
 
 
Premessa: 
 
 
 
falso che le fiabe e le favole nella storia siano state scritte e trascritte soltanto per i bambini,
 
 
 
alcune sono per adulti.
 
 
 
Inutile scandalizzarsi.
 
 
 
Che ne pensate del titolo «La fanciulla senza mani»,
 
 
 
ugualmente trascritta da due dei quattro fratelli Grimm,
 
 
 
da Jakob Grimm,
 
 
 
da Wilhelm Grimm?
 
 
 
Non per i bimbi, 
 
 
 
ma diretto ai più grandi: 
 
 
 
questa parte della favola 
 
 
 
mi fa pensare 
 
 
 
molto pacatamente e tranquillamente 
 
 
 
alla storia di un tradimento amoroso, 
 
 
 
di un uomo bisessuale sposato che ha tradito 
 
 
 
almeno due volte la moglie, 
 
 
 
e chissà se ancora la tradisce, 
 
 
 
le nascondeva e, probabilmente, 
 
 
 
nasconde ancora la verità, 
 
 
 
scoperta già una volta, 
 
 
 
riguardante una relazione segreta con un Giuseppe di Sicilia.
 
 
 
Mi chiedo 
 
 
 
quando questo Giuseppe,
 
 
 
il marito,
 
 
 
la moglie,
 
 
 
si riappacificheranno,
 
 
 
raggiungeranno la pace fra di loro,
 
 
 
grazie all'aiuto ed alla solidarietà;
 
 
 
io, 
 
 
 
ad esempio, 
 
 
 
ho già scritto un messaggio Whatsapp ad un mio amico
 
 
 
per proporre la riappacificazione direttamente a Giuseppe.
 
 
 
Ma continuo la storia: 
 
 
 
il marito e coniuge anni dopo, 
 
 
 
attualmente,
 
 
 
vuole e vorrebbe reprimere gli istinti e la tendenza omosessuale. 
 
 
 
O ci riuscirà e sarà infelice
 
 
 
e soffrirò moltissimo da lontano soprattutto per la donna che non è stata capace di amare immensamente l'uomo,
 
 
 
come avrebbe dovuto,
 
 
 
facendogli reprimere quella tendenza omosessuale che, 
 
 
 
magari,
 
 
 
per qualcuno,
 
 
 
comincia già a dodici - tredici anni,
 
 
 
non so se ereditaria,
 
 
 
sicuramente intima ed insita nel ragazzo, 
 
 
 
nell'adolescente,   
 
 
 
poi nell'uomo.
 
 
  
Credo e suppongo 
 
 
 
che lo stesso
 
 
 
valga 
 
 
 
per i bisessuali.
 
 
 
Sappia e sappiano 
 
 
 
che ne possono parlare 
 
 
 
e discutere
 
 
 
con l'omosessuale quando vogliono,
 
 
 
anche tre o quattro anni dopo,
 
 
 
anche dieci o più anni dopo,
 
 
 
anche con una situazione differente,
 
 
 
ma sempre aperta alla speranza di non sentire più di repressioni.
 
 
 
Ma soffrirò 
 
 
 
anche per l'uomo,
 
 
 
anche nel silenzio, 
 
 
 
magari più completo o quasi completo oramai raggiunto fra il marito e l'omosessuale,



perché è diventato un amore immenso anche nella lontananza e nel silenzio.
 
 
 
Oppure, 
 
 
 
in teoria, 
 
 
 
molto più probabilmente il marito cattolico non ci riuscirà a tenere a bada l'istinto omosessuale,



la tendenza omosessuale insita nella sua bisessualità,
 
 
 
che «scoppierà»,
 
 
 
perché prima o poi verrà di nuovo fuori la voglia 
 
 
 
e potrebbe ricominciare la ricerca di un uomo per tutta la vita,
 
 
 
magari il terzo o l'ennesimo oppure l'«usato sicuro»
 
 
 
dell'omosessuale.
 
 
 
Invito il marito alla forza ed al coraggio,
 
 
 
alla prudenza,
 
 
 
augurandogli di raggiungere finalmente la felicità.
 
 
 
Da notare e su cui riflettere:
 
 
 
ho incontrato soltanto due volte il marito,
 
 
 
soltanto per alcune ore.
 
 
 
Pochissimo.
 
 
 
Forse sarebbe necessaria più vita reale.
 
 
 
La soluzione forse più probabile e «sicura»,
 
 
 
individuata dall'omosessuale dopo una crisi,
 
 
 
per evitare situazioni da laboratorio inumane, addii ed a favore di una pace serena molto duratura,
 
 
 
senza cancellazioni di messaggi perché il marito è molto insicuro,
 
 
 
ha moltissime e numerosissime paure,
 
 
 
lui e l'uomo omosessuale hanno numerosissimi pensieri nella testa,
 
 
 
forse il gay ed omosessuale alcuni in meno,
 
 
 
forse molti in meno? 
 
 
 
La prima parte della soluzione è: 
 
 
 
superare i fastidi con il «gaio» - fondamentalmente paterno e comprensivo, accomodante, 
 
 
 
ma intransigente, buono ed a favore di un'unione matrimoniale eterna,
 
 
 
- superare questi fastidi con i propri tempi, 
 
 
 
perché ognuno oltrepassa e supera l'essere infastidito con i propri tempi,
 
 
 
chi in alcune settimane,
 
 
 
chi in un mese,
 
 
 
chi in un anno,
 
 
 
chi in più tempo.
 
 
 
Seconda parte della soluzione: 
 
 
 
dire molto lentamente all'omosessuale ed alla famiglia oramai adulta la verità sui numerosi anni di vita omosessuale, 
 
 
 
senza tanti fronzoli, 
 
 
 
dire quanto accaduto, 
 
 
 
anche ciò che è più difficile da spiegare, 
 
 
 
con sentimento,
 
 
 
con il cuore,
 
 
 
avvalendosi in maniera riservatissima dell'aiuto e della solidarietà di religiosi e veri amici (uno, purtroppo, è già deceduto),
 
 
 
raccontare 
 
 
 
la vera «altra» storia, 
 
 
 
eventualmente fin dall'adolescenza,
 
 
 
conoscersi,
 
 
 
aprirsi agli altri ed alle altre; 
 
 
 
magari tramite i figli convincere attraverso i fidatissimi la consorte ad amare nel modo più immenso al mondo accettando la natura del compagno di vita senza gelosia - su cui eventualmente lavoreranno con calma e senza fretta - 
 
 
 
aprendo la vita familiare all'altro, 
 
 
 
che nel frattempo cambierà la sua vita, 
 
 
 
come accade nelle triadi omosessuali, 
 
 
 
soprattutto americane,
 
 
 
dove non necessariamente tutti vivono nella stessa casa
 
 
 
oppure tutti e tutte fanno l'amore insieme.
 
 
 
Come nelle coppie gay che modificano la propria vita,
 
 
 
si aprono all'altro o all'altra, 
 
 
 
a volte persino per salvare le proprie relazioni.



Perché il marito non può essere diversamente fedele,
 
 
 
magari persino più di Enrico di ferro,
 
 
 
senza catene e cerchi di ferro o cilici virtuali,
 
 
 
senza paura e con pensieri migliori e più tranquilli,
 
 
 
senza fare finta di essere felice,


con un cuore amorosamente libero?



Quando smetterà di fumare?
 
 
 
Abbastanza per adulti: 
Jung, 
la trasformazione ed il cambiamento 
ed il vero amore
 
 
 
Leggete qualche passaggio estrapolato e tolto da Wikipedia:
 
 
 
La fiaba rappresenta un ottimo esempio per l'analisi letteraria jungiana. Secondo Carl Gustav Jung, essa rappresenta il processo d'iniziazione della psiche di una giovane donna. 
 
 
 
Ed anche di un uomo, 
 
 
 
aggiunge CMLibri?
 
 
 
Continuo con l'analisi di Jung:
 
 
 
L'ego è la principessa; in quanto vergine, essa percepisce i compagni maschili come animali. [...] Mentre la donna cerca il proprio sé incontra l'uomo/rana. La rana desidera l'intimità con la donna (che nelle diverse varianti è rappresentata dal fatto di bere dal suo bicchiere e mangiare dal suo piatto, dormire sul suo cuscino, o baciarla). Inizialmente disgustata, la vergine arriva a riconoscere inconsciamente la mascolinità e questa scoperta la porta a percepire la rana come un uomo desiderabile. La principessa ora è una donna matura pronta per il matrimonio. 
 
 
 
O anche un uomo maturo e pronto per il matrimonio,
 
 
 
per l'unione civile,
 
 
 
per una relazione per tutta la vita,
 
 
 
semplicemente per un anello d'unione?



Ancora Wikipedia:



In genere, la trasformazione da ranocchio a principe viene paragonata al cambiamento di una persona che scopre il vero amore.
 
 
 
CMSaggistica commenta:



il vero amore, 
 
 
 
come una casa costruita sulla roccia, 
 
 
 
non sulla sabbia,
 
 
 
nasce molto lentamente dalla conoscenza e, poi, dall'amicizia?



Le favole contro l'autismo
 
 
 
Credo di concordare e stavo anche andando a vedere 
 
 
 
«Oltre lo spettro»
 
 
 
sulle favole per raccontare l'autismo,
 
 
 
ma non ci sono riuscito.
 
 
 
Ho conosciuto ragazzi autistici nella mia vita.
 
 
 
«Oltre lo spettro»
 
 
 
si era tenuto alla Villa romana antica di Durrueli, 
 
 
 
di Realmonte (Ag - provincia di Agrigento). 

 

 

 

«Favole di cioccolata»

 

 

 

L’«Istituto comprensivo Agrigento Centro» 
 
 
 
aveva donato anni fa, 
 
 
 
ai tempi del Covid, 
 
 
 
numerose copie del libro «Favole di cioccolata» 
 
 
 
alla «Biblioteca Gaspare Ambrosini»,
 
 
 
in cui CMRicette e CMLibri erano stati alcune volte,
 
 
 
davvero bella,



del Libero consorzio comunale di Agrigento. 
 
 
 
La consegna dei libri era avvenuta durante un incontro tra l'ex dirigente scolastica della scuola, Anna Gangarossa, 
 
 
 
ora alla scuola di Porto Empedocle (Ag - provincia di Agrigento),
 
 
 
in cui studiano o giocano i miei nipoti,
 
 
 
la mia nipotina,
 
 
 
il mio nipotino;
 
 
 
il commissario straordinario del Libero consorzio, Alberto Girolamo Di Pisa, 
 
 
 
non c'è più là, 
 
 
 
ora dirige il presidente di questo consorzio, Giuseppe Pendolino;
 
 
 
ed il segretario/direttore generale di questo consorzio all'epoca, 
 
 
 
chissà se è ancora là, Caterina Moricca.



Le copie donate sono messe a disposizione degli utenti della Biblioteca provinciale Gaspare Ambrosini per la consultazione 
 
 
 
e vi invito a leggerlo.  



«Favole di cioccolata»

 

 

 

edito da Gemma Editore, 

 

 

 

è una raccolta di sessanta favole scritte dagli alunni dell’Istituto comprensivo Agrigento Centro. 

 

 

 

Ottimo che gli studenti 

 

 

 

abbiano effettuato

 

 

 

un'attività pratica 

 

 

 

scrivendo le favole di un libro.

 

 

 

Il libro racconta mondi nuovi 

 

 

 

descritti da coloro che erano i giovani alunni delle quinte classi delle scuole primarie Lauricella e Garibaldi di Agrigento e dai giovani delle prime classi della scuola secondaria di primo grado Pirandello e Garibaldi, 

 

 

 

di queste scuole medie,

 

 

 

ugualmente e sempre di Agrigento. 

 

 

 

Avevo studiato 

 

 

 

alla scuola media Garibaldi di Agrigento,

 

 

 

che ricordi!

 

 

 

Non sempre positivi,

 

 

 

a volte anche di tentativi di bullismo,

 

 

 

ma ho ancora bei ricordi,

 

 

 

forse dovrei incontrare nuovamente i compagni della scuola media.




Grazie a Grandangolo.